Regia di Lina Wertmüller vedi scheda film
Sconfortante ritratto di un ambiente sterile ed arretrato, culturalmente distante dal resto della nazione, indietro anche rispetto alla vicina città. Il paesino, la piccolissima provincia come riparo dal mondo e dalle responsabilità, rifugio per giovani cresciuti senza lo straccio di un ideale o di un obiettivo che esuli dalla pura sopravvivenza: farsi un lavoro e una famiglia, se possibile dignitosi. Ma, anche così non fosse, va sempre bene: se per la generazione precedente, cioè quella dei genitori, l'importante è offrire un'immagine decorosa di sè, ai figli neppure questo interessa; segno che il minimo benessere conquistato dai genitori può bastare loro per non doversi preoccupare di null'altro oltre alla sopravvivenza quotidiana. Accidia, pigrizia, desolazione, noia che prevalgono in questo impietoso (quanto stimolante, per la sua riuscita) quadro generazionale: è l'esordio della Wertmuller e non se ne può che dire bene, anche se il paragone con i Vitelloni felliniani è assolutamente velleitario. Dove il Maestro riminese vedeva goliardia, la Wertmuller tratteggia svogliatezza, dove c'era un Moraldo pronto a riabilitare la sua generazione, qui non c'è neppure traccia di un personaggio capace di riscattare la situazione. 6/10.
In un paesino dell'entroterra pugliese un gruppetto di ventenni trascorre le giornate fra chiacchiere, qualche progetto e tanta smania di concreto divertimento immediato.
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