Regia di Costa-Gavras vedi scheda film
“Missing” di Costa Gravas si basa su un agghiacciante episodio avvenuto nel settembre del ’73; Charles Horman, giornalista freelance che soggiornava in Cile, venne catturato dalle forze armate del golpista Augusto Pinochet e deportato nel campo di concentramento dello Stadio Nazionale di Santiago. L’ambasciata americana per molto tempo si ostinò nel mantenere un atteggiamento reticente nei confronti del procedimento giudiziario di Horman, finché, ritrovandosi continuamente sotto pressione dalla famiglia del giovane e dai media, fu costretta a riferire le meste circostanze riguardo le posizioni “fastidiose” dei cronisti “radicali” nei confronti della bagarre di stato. In “Missing” viene acrimoniosamente scarnificata la turpe fatiscenza del sistema capitalistico statunitense, disposto ad esentarsi dal tutelare la vita dei suoi stessi cittadini per proteggere i biasimevoli interessi personali, i quali hanno come unico auspicio quello di rendere inattaccabili l’ègida del dio denaro e l’egemonia collaborazionista esercitata nei paesi meno sviluppati. Una politica estera orchestrata a scapito della sicurezza, e soggiogata dalla supremazia del dollaro onnipotente. L'avidità e le credenze religiose passano oltre la morale, l’apertura mentale e il cuore. La lotta per il diritto di chiunque di esprimere veramente la propria opinione senza paura di ripercussioni diventa una mera utopia verso i governi e i relativi crimini contro l'umanità. Il regista greco, però, demistificando i loschi principi totalitari, non si sofferma soltanto a proporre un cinema “di denuncia” (ammesso che esista), erigendo un’opera figurativamente virulenta. Pur percorrendo la strada del melodramma non abbandona la solida componente thriller: serbando dei picchi sbalorditivi di suspense (cadenzati da una tagliente e caliginosa colonna sonora di Vangelis), sebbene non dia precisi rifermenti topografici su luoghi e fatti realmente accaduti, dispensa alcune scene traboccanti di uno scabro, avernale fascino. Memorabile quella della camera mortuaria, ove la mdp si inclina verso l'alto per mostrarci le ombre di decine di cadaveri stesi su uno squallido lucernario di vetro. La fotografia di Ricardo Aronovich, intanto, ci presenta il funesto sfondo degli ospedali, degli obitori e dei terrorizzanti vicoli in preda al coprifuoco, usufruendo di nuance svigorite e dal pallido bagliore, capaci quindi di impressionare ieraticamente l’orrendo bailamme urbano. Il cast, in ogni caso, si palesa altrettanto considerevole. Jack Lemmon, con una recitazione “understatement”, è commovente: trasmette tenerezza nei momenti tragici, allontanandosi gradualmente dalla ferrea sagoma del liberale patriottico. Sissy Spacek si diletta in un’interpretazione emotivamente intensa, malgrado i dialoghi siano logorati da una certa ridondanza (manda troppe volte al diavolo il suocero). Convincente e mai sulle righe il semisconosciuto John Shea/Charles Horman; ravvisabile comunque una disorientante frammentarietà dei flashback attinenti all’empie vicissitudini di questo personaggio. Nel complesso “Missing” è un adamantino “detection-movie”, da non dimenticare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta