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Fair Haven

Regia di Kerstin Karlhuber vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Fair Haven

di alan smithee
6 stelle

La difficoltà di risolvere un dilemma che attanaglia e devasta: assecondare le proprie attitudini e le proprie tendenze o seguire il percorso familiare prestabilito da una tradizione che non ha nulla di prescelto. Ogni percorso pare sbagliato, ogni dilemma pare irrimediabile. Fine ritratto di un dilemma adolescenziale noto, ma ben condotto.

ZE FESTIVAL 2015, NICE

Il dilemma se proseguire un percorso di vita secondo quelle che sono le più legittime ed autorevoli ispirazioni professionali, oltre che le proprie attitudini sessuali, o al contrario rinunciare ad entrambe per farsi carico di responsabilità insite nelle tradizioni secolari di famiglia: questo il dilemma principale e pesante che grava come un fardello insostenibile in capo a James, diciottenne che fa ritorno a casa dopo aver completato le scuole dell’obbligo in un istituto religioso, in seguito ad uno scandalo scoppiato ai tempi di una storia d’amore con un coetaneo compagno di scuola, scoperta e finita al centro di uno scandalo locale.

Ora James è un pianista promettente, una prestigiosa scuola di Boston lo ha accettato tra i suoi allievi, ma il padre, un agricoltore vedovo proprietario di una fattoria di produzione di mele, non ne vuole sapere, non può permettersi di sostenere le spese di quella scuola, e vorrebbe il figlio impegnato in azienda, sposato e felice nella proprietà di famiglia.

Due visioni opposte assolutamente inconciliabili.

Rassegnato ad una vita in fattoria, James ha modo di rincontrare il suo primo ed unico amore adolescenziale presso uno dei luoghi di consegna della frutta: sconvolto ed impaurito, il ragazzo ostenta un atteggiamento scorbutico e poco educato, inizialmente, che tuttavia lascia spazio presto ad un nuovo coinvolgimento emotivo. Un sentimento vero e bruciante che si scontra con quello ufficiale e costrittivo con cui vive una storiella superficiale con la bella figlia bionda del reverendo della chiesa locale.

La difficoltà di approdare al "porto più appropriato" a cui probabilmente fa riferimento il titolo, diventa dunque una esigenza impellente, improcrastinabile.

Il film si snoda nei noti drammi e dilemmi decisionali, bivi pericolosi in cui spesso le vite convergono, costringendoci a decisioni forti che, in un modo o nell’altro, creano lacerazioni e ferite profonde.

La regista del Vermont Kerstin Karlhuber esordisce nel lungometraggio con buona sensibilità, raccontandoci una storia di tensioni nota, ma di spessore, sugli scenari agresti e contadini della sua terra natia, in bilico tra l’abbandono della terra, e la ristrutturazione verso le procedure “bio” ora tanto in voga.

La forza del piccolo film risiede non poco sulle doti espressive (e sulle qualità di musicista concrete) del valido giovane protagonista Michael Grant, proveniente dai serials, e molto promettente.

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