Regia di Claudio Fragasso vedi scheda film
Benny e Matteo sono due ragazzini romani, amici e accomunati dalla frustrazione per una vita avara di soddisfazioni (soprattutto economiche) e dalla fede politica destroide. Il primo, essendo nero, suscita qualche perplessità nel sottobosco fascista della Capitale, ma guadagna crediti (e denaro) nel giro dei combattimenti clandestini.
Da un pezzo la realtà nel cinema italiano non è più fra gli interpreti principali in cartellone; ben vengano quindi i registi come Fragasso, che con la consueta collaborazione della sceneggiatrice (e moglie) Rossella Drudi tenta di mettere in scena la contemporaneità raccontando storie ‘scomode’ di vita quotidiana. In questo caso il focus è ancora più del solito incentrato sulla realtà per il regista, che smorza, ma non abbandona del tutto i toni del poliziesco e del ‘genere’ per narrare la brutalità della Roma odierna. Purtroppo la retorica dei ‘brutti, sporchi e cattivi’ esonda in questo La grande rabbia, dove la routine proibita e scioccante di due giovanissimi amici va incontro a qualche sbavatura logica (fin qui pazienza) e all’esacerbazione dell’anima nera della storia, cosa già meno perdonabile, ma pur sempre catalogabile come scelta stilistica. Se la volontà di affidare i ruoli centrali del lavoro ad attori alle prime armi è coraggiosa, più sorprendente ancora è quella di girare in bianco e nero, sebbene la fotografia di Robin Brown sia troppo patinata per assestare al meglio il contributo di crudezza e verità che l’assenza di colore vorrebbe ricercare. Uno dei due giovani protagonisti si chiama Maurizio Merli (!), di secondo nome Matteo; meglio, a conti fatti, la prova del suo collega Miguel Gobbo Diaz. In parti minori incontriamo poi Flavio Bucci, Giulio Base e Simone (figlio di Gigi) Sabani. 4/10.
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