Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Il film migliore nella storia del cinema, a mio modesto avviso. Un affresco d'epoca, capace di trasportare lo spettatore immergendolo completamente nel contesto storico meglio e più di chiunque altro abbia mai fatto. Lavoro su luce, costumi e attori ineguagliato.
Luce. Oscurità. Su questi binari impercettibili sembra viaggiare l'opera - la migliore, ad avviso di chi scrive - di Kubrick. La luce naturale delle riprese diurne e l'oscurità degli interni a lume di candela (senza illuminazione artificiale) in quelle notturne.
La dicotomia estetica si trasla, quindi, nell'essere del protagonista, trasformandosi in ambiguità morale: bene e male concorrono a definire Redmond in egual misura, rendendolo il più umano di tutti i personaggi. Non il più specchiato, nè il meno specchiato. Non il più bravo o il meno bravo. Semplicemente, la massima sintesi di umanità.
Annidata tra le pieghe dell'opera, e spesso assegnata ai brevi (ma assai incisivi) interventi della voce narrante, una profonda critica morale e sociale: in Barry Lyndon la dimensione individuale si sovrappone a quella collettiva, cosicchè l'opera intera finisce per analizzare e descrivere non solo "una" storia, ma anche "la" storia. Poche, ma efficaci, "stoccate" indicano perfettamente le intenzioni del regista e la stigmatizzazione della guerra, del potere e dei conflitti di classe. Già si osservano, benchè accennate, alcune delle riflessioni che matureranno nel successivo Full Metal Jacket.
A differenza della maggior parte dei film in costume, qui non interessano le rappresentazioni "maestose", i personaggi famosi, le virtù cavalleresche: niente rassicuranti certezze, nè facili lieto fine. Questa è la vita di un uomo comune, che si misura sulla forza delle sue emozioni e della volontà, più che sulle gesta. In questo senso, è una parabola esistenziale: ascesa e caduta si susseguono senza soluzione di continuità, poichè, come saggiamente suggerisce la voce narrante: "Le qualità e le energie che portano un uomo a conquistare una fortuna sono spesso le stesse che lo portano poi a perderla".
Una celebrazione delle passioni, che ci identificano come esseri umani, nel bene e nel male; e, infatti, il protagonista, pur dibattendosi continuamente tra il bene e il male, è spontaneo e genuino. Anzi, si potrebbe perfino ravvisare il seme della sua "caduta" nell'incontro-scontro tra la sua ingenua buona fede e il mondo circostante, cioè quello fatto e disegnato dai "potenti", che lo corrompe e lo snatura provocando forse lo stesso corto circuito di quell'altra creatura kubrickiana: HAL 9000.
Gli aristocratici, sembra dirci Kubrick, non solo vivono di facciate, ma spesso, al di sotto, vi celano l'opposto di quelle virtù che millantano: codardia, opportunismo, falsità.
Redmond Barry, pur nella sua ascesa e caduta e nelle sue imprese fallimentari, incarna l'ideale di essere umano, imperfetto ma passibile di perfezionamento, contrapposto agli stereotipi che, rinnegando le passioni finiscono solo per renderle latenti, occulte ed esasperate. L'uomo, insomma, non è fatto per apparire bello e nobile d'animo, ma per affrontare la sfida quotidiana del trovare se stesso in mezzo ai problemi e alle passioni.
Sono trascorsi più di 25 anni da quando, in prima visione televisiva su Raitre, guardai per la prima volta questo film, eppure ancora oggi ogni nuova visione di questo è capace di donare nuove prospettive e nuovi spunti di riflessione, tanto che, mentre scrivo per la prima volta una recensione dell'opera, sono consapevole che, con il passare del tempo e delle esperienze, ancora nuove chiavi di lettura verranno.
Da molti anni, a chi domanda quale sia il mio film preferito, rispondo senza esitazioni: "Barry Lyndon!", ma spesso riesce difficile perfino a me esporne compiutamente le motivazioni. Certo è che, distinguendo tra inclinazioni personali e caratteristiche intrinseche dell'opera, non riesco a immaginare alcun altro film paragonabile: il lavoro sulla luce, quello sull'espressività degli attori, la fotografia, i costumi... "INCOMMENSURABILI" è l'unico termine che venga in mente. Eppure Barry Lyndon non è solo questo: è, semplicemente, un'esperienza di vita. Alcuni film li vedi e li rivedi, mentre questo lo "vivi".
Qui il cinema trova la sua sintesi suprema: l'estetica, le musiche, la narrazione, i dialoghi... Tutto concorre a rendere la "visione" vera e propria "esperienza" e non c'è alcuna nota stonata.
A prescindere dai gusti personali e dall'interesse o dalla noia che in ciascuno possa suscitare, è un'opera inarrivabile dal punto di vista squisitamente tecnico e artistico.
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