Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Forse la vera nobiltà dell’animo si coglie nel modo in cui esso riesce ad assaporare l’attimo, dilatando il piacere in estasi e prolungando la scoperta in riflessione. Con Barry Lyndon Kubrick ci regala la lenta saggezza della Storia, che educa l’uomo col graduale sviluppo degli eventi, e poco a poco lo cambia, creando le stagioni della vita e le epoche del mondo. La bellezza pittorica delle inquadrature e la solennità sinfonica della colonna sonora sono quelle con cui una volta, sulla tela come sul pentagramma, si amava immortalare lo spirito del tempo, consegnando idealmente all’eternità ciò che appariva prezioso ed importante.
Questo romanzo settecentesco sboccia tra le mani di Kubrick come un fiore di maiolica, che prima risplende di smalti colorati, e poi, mano a mano, si impolvera e si crepa, diventando vecchio e opaco. La parabola del protagonista è simile al ciclo con cui la natura si rinnova; dalla primavera, in cui spuntano i germogli delle occasioni, fino all’inverno, sferzato dal vento del destino che tutto spoglia e sradica. Nel cerchio della vita l’alba e la morte si porgono la mano,nello stesso modo in cui, nella musica del film, il cinguettio dell’aurora (le melodie bucoliche di Seán Ó Riada) si alterna, in un macabro minuetto, con il tono grave di una marcia funebre (la cupa sarabanda di Händel).
In questo film le immagini si susseguono come i movimenti di una composizione; il loro ritmo è un commento al tempo, mentre il racconto è tutto fuori dalla scena e dentro i personaggi; il silenzio è il rumore di fondo che è udibile soltanto all'anima, e scandisce la laboriosa attesa che si compiano i gesti, e si compiano i pensieri.
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