Regia di Alexander Payne vedi scheda film
In un imprecisato futuro prossimo venturo, attraverso la tecnica della miniaturizzazione cellulare, l'uomo ha imparato a rimpicciolire i propri simili per limitare la produzione di rifiuti e ridurne l'impatto ambientale. Nascono così in tutto il mondo ipertecnologiche colonie, nelle quali lilipuziani alti 12 cm conducono una vita asettica e agiata, grazie ai minori costi necessari alla loro sussistenza. Oppressi dai debiti e da una vita mediocre, Paul Safranek e sua moglie Audrey decidono di sottoporsi al procedimento di miniaturizzazione, al quale, tuttavia, la donna all'ultimo istante deciderà di sottrarsi, lasciando l'uomo ad affrontare da solo la sua nuova vita che, ben presto, gli apparirà ben diversa da quello che si era aspettato.
Seguo da sempre con interesse i film di Alexander Payne e in una ipotetica (e quantomai ampia) lista di pellicole del cuore, non sfigurerebbero opere come Sideways o Nebraska, ma stavolta faccio davvero una certa fatica a comprendere il senso di questa bizzarra e claustrofobica distopia ambientalista che, in realtà, a ben guardare, sembra celare proprio un messaggio di critica dell'integralismo ecologista e del suo perdersi nel massimalismo degli schemi teorici, dimenticando che alla base di tutto dovrebbe esserci l'uomo e le sue minimali esigenze quotidiane. E' proprio l'umanesimo al quale approda il tormentato percorso di crescita (si fa per dire, considerate le dimensioni) del protagonista potrebbe essere il fulcro attorno al quale ruota un film interessante, ma che resta schiacciato dal peso delle sue eccessive ambizioni, con sottotrame che scivolano via da tutte le parti. Il cinema di Payne, con il suo bizzarro coacervo di umorismo e amarezza, c'è tutto, ma stavolta l'obiettivo sembra essere alquanto fuori fuoco. Ottimo comunque il cast, tutti bravissimi, e notevole come sempre la fotografia di Phedon Papamichael.
Irrisolto: 5/10.
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