Regia di Alexander Payne vedi scheda film
"Size is matter", diceva John Holmes. Lo sa bene un team di scienziati norvegesi, che ha trovato la soluzione contro la sovrappopolazione: rimpicciolire gli umani fino a farli arrivare a un'altezza di una dozzina di centimetri. Per questa via, le risorse del suolo, quelle petrolifere e quelle alimentari non scarseggerebbero più e la vita costerebbe enormemente di meno. Dopo avere tentennato, Paul Safranek (Damon), piccoloborghese con qualche difficoltà economica, decide di sottoporsi al trattamento insieme a sua moglie (Wiig), che però rinuncia all'ultimo momento. Paul si troverà così ad andare da solo a Leisureland, la comunità di lillupuziani sita in New Mexico (Swift docet), dove conoscerà una donna delle pulizie sciancata (Chau) e un viveur serbo edonista e festaiolo (Waltz).
Parte da un'idea ottima, peraltro nobilitata da una venatura ambientalista, l'ennesimo lavoro ambizioso e mediocre di Alexander Payne (Election, A proposito di Schmidt, Sideways, Paradiso amaro): due ore e un quarto di durata che dopo una manciata di minuti mostra la corda e comincia a procedere per accumulo su derive narrative intorcinate e pretestuose, dalle quali emerge una love story che nulla ha a che fare con lo spunto iniziale, coniugata con una riflessione meno che superficiale sulle derive settarie dell'ecologismo con tanto di moralismi un tanto al chilo. La quasi totale assenza degli insetti (possibile che la miniaturizzazione degli umani non trasformi in un enorme problema il rapporto con mosche e scarafaggi?) rende ancora più balorda l'intera operazione.
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