Regia di Alexander Payne vedi scheda film
VENEZIA 74 - FILM D'APERTURA
"Downsizing" ovvero "miniaturizzarsi" come risposta scientifica rivoluzionaria, controversa, ma di fatto efficace, anzi concretamente più produttiva di effetti, per permettere ad una umanità brulicante ed eccessivamente in espansione di reggere i ritmi di produzione di risorse che un pianeta ormai allo stremo come la nostra sfruttatissima e sovrappopolata Terra, e' costretta a sostenere.
Uno scienziato scandinavo riesce finalmente nell'impresa che, da cavie animali e vegetali, si trasferisce, tramite lui, sugli esseri umani.
L'idea geniale della prima buona parte del film brillante e divertente di Alexander Payne, è l'intuizione di creare una sorta di società dualistica in cui il miniaturizzarsi conferisce la possibilità, rigorosamente ai solu volontari, di vivere con pochissimi costi, al punto da rendere tutti i rimpicciolire, persone di circa 12 centimetri autosufficienti e milionari addentro al loro microcosmo dorato, protetto da agenti e minacce esterni.
L'uomo medio/mediocre Paul Safranek arriva a questo stato dopo aver raccolto un fallimento ed una delusione dopo l'altra: non ultima quella della moglie, che cambia idea all'ultimo momento e a sua insaputa, catapultandolo solo ed angosciato nel mini-mondo secondo un processo irreversibile, da cui non è più possibile far ritorno.
Peccato che a questa brillante prima parte - che può ricordare per ironia pungente, satira sociale rafginata e pungente, per certi versi a addurittura il Truman Show - ne segua una seconda fiacca, condizionata da uno sviluppo a sfondo ecologico-amoroso che svia ogni iniziale buona intenzione e lascia a bocca asciutta chi, come me, sognava magari una svolta thriller (un complotto alla Capricorn One, per intenderci!) incentrata magari sullo sfruttamento dei clandestini per biechi interessi economici e di casta, ipotizzando questi ultimi costretti a miniaturizzarsi per servire l'esercito dei volontari nuovi mini-cittadini di serie A.
E se Matt Damon è molto bravo ed efficace a banalizzarsi e spersonalizzarsi per meglio rendere quel "medio-man" conscio della propria inevitabile mediocrità anti-glamour che inesorabilmente lo affligge, è pur vero che Christopher Waltz non perde occasione per gigioneggiare ed apparire perennemente sopra le righe, tracciando i tratti di un medesimo schizzato personaggio tutto eccessi e smorfie tendenziose.
Carino qualche curioso escamotage (i posti differenziati sui mezzi pubblici atti ad accogliere i mini ed i giganti, l'idea dell'ambivalenza grande e piccolo che rende gli ultimi soddisfabili con un infinitesimo di risorse, e dunque a costi irrisori, quindi di fatto milionari nel concambio favorevole a cui viene sottoposto il patrimonio dei singoli volontari), alcuni camei di lusso (quello della moglie viziata Laura Dern su tutti). Ma a ciò fa seguito tutto un lungo secondo tempo deludente, fiacco e pesante dove il tormento da messaggio ecologico e le ossessioni postatomiche della mini-casta hippie norvegese, fa perdere lucidità alla brillante intuizione iniziale.
Per Payne, fino ad oggi forte di un curriculum pressoche' encomiabile, almeno un mezzo passo falso: ambizioso certo, ma pur sempre una battuta d'arresto.
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