Regia di Wim Wenders vedi scheda film
In “Submergence” funziona sopra ogni altra cosa l’alchimia tra i protagonisti, la grazia fragile di lei contrapposta prima e amalgamata poi all’irrequietezza consapevole di lui.
Tutta la prima parte del film, complice anche un buon lavoro di scrittura oltre che di performance, è corpo e cuore, sentimento libero e autentico in grado di appiccicarsi all’emotività di noi che guardiamo. Il secondo tempo invece abbandona il coté sentimentale e si fa prettamente politico. Riflessioni interessanti sul piatto, figure di rilievo e non trascurabile spessore (il dottore), per un film che però scivola troppo spesso nel rischio del polpettone.
Irriconoscibilmente girato da un Wim Wenders dimentico del proprio cinema, “Submergence” evidenzia una regia schematica alla costante ricerca della metafora.
Fuor di tutto quanto detto fino ad ora, è forse il finale (più ambiguo o più insignificante?) a convincere meno in quest’ultima fatica del grande regista tedesco.
“Submergence” ad ogni modo non lascia certo spazio alla noia: l’adozione del flashback come linea narrativa crea un’istantanea dipendenza dal racconto e dal suo sviluppo, garantendo una suspense in costante crescendo.
Un’opera a metà, che fa vibrare le corde del cuore ma non dice nulla di nuovo, nonostante si ponga fin dall’inizio l’evidente obiettivo contrario.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta