Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Lei è una scienziata che si immerge nei fondali oceanici per studiare la vita; lui un ingegnere che sta progettando un acquedotto in Nordafrica; si incontrano in Normandia, si amano e decidono di rimanere in contatto. Partono per le rispettive missioni, ma dopo un po’ lui smette di rispondere ai messaggi di lei. È stato rapito dai jihadisti in quanto spia.
Fra documentari, cortometraggi e film a soggetto, è difficile seguire la frenetica attività dell’iperattivo WimWenders; l’unica costante di tutte le sue opere rimane quella di una vita, della sua intera carriera: l’eccessiva estetizzazione, fatta di immagini patinate miste a una roboante retorica. Qui, naturalmente, non siamo da meno: Submergence è un romanzo di J. M. Kedgrad tramutato in sceneggiatura da Erin Dignam che Wenders trasforma in due ore o quasi di polpettone romantico in salsa di spionaggio, terrorismo, estremismo religioso e, in un crescendo di delirio, oceanografia; arrivare in fondo alla pellicola senza sbadigliare è un’impresa e non bastano senza dubbio la messa in scena ordinata e i due attori bellocci (Alicia Vikander e James McAvoy) al centro della storia a dare un senso, uno qualsiasi, alla visione. Colpiscono in negativo in modo particolare i dialoghi intrisi di banalità sui massimi sistemi, specie nella prima parte del lavoro, quella relativa all’improvvisata love story fra i protagonisti. Il regista ha fatto di meglio, è vero, ma erano tanti, tanti anni prima: nel 2017 ormai questo è il suo standard qualitativo da parecchio tempo. 3,5/10.
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