Regia di Kirill Serebrennikov vedi scheda film
Un liceale con la fissa del cristianesimo si oppone a coetanei e insegnanti recitando a memoria frasi tratte dalla Bibbia. Si pone contro i costumi in due pezzi per le ragazze, contro l’insegnamento della teoria dell’evoluzione, contro il preservativo; sua madre si dispera, ma l’insegnante di biologia prova ad avere un dialogo con lui, per quanto invano. L’intero corpo docenti, capitanato dalla bigotta preside, si schiera a favore del ragazzo.
Il titolo originale è un gioco di parole fra ‘studente’ e ‘martire’: certo più affascinante del piatto Parola di Dio, ma anche del The student adottato per il mercato anglofono; in ogni caso errato, poiché il protagonista è tutt’altro che martire, bensì carnefice. Lo schema essenziale della sceneggiatura (Kirill Serebrennikov e Marius Von Mayenburg) si basa su una provocazione efficace, ma che lascia ben presto il tempo che trova, alla luce di due ore di durata di un film che poteva tranquillamente fare un figurone in abiti da cortometraggio; col vestito lungo Parola di Dio inciampa ripetutamente durante la sua sfilata, non trovando argomenti differenti o più approfonditi di quelli già ampiamente sviscerati nei primi 15-20 minuti: un ragazzo fondamentalista cristiano che si pone come nuovo Messia, una professoressa di scienze antagonista e una platea attorno che dà ciecamente ragione al primo, pur nelle sue pericolose follie integraliste, per un timore di Dio che somiglia piuttosto a pavida rassegnazione a una vita ottusamente priva di domande. L’idea è buona, in ogni caso, e trova soddisfacenti sviluppi qua e là, non ultima la decisione in chiusura della professoressa di inchiodarsi al pavimento della scuola poiché “io ero qui da prima di lui” (l’esagitato profeta), aggrappandosi insomma al primato della ragione su qualsiasi religione. Il dubbio che sia questo il reale significato di tale scena, comunque, c’è: a più riprese il film pare onestamente leggerino, ancorato alla provocazione di cui sopra e per nulla desideroso di esplorare al di sotto di tale patina superficiale (per capirci: i personaggi sono fortemente stereotipati, certe soluzioni appaiono ampiamente didascaliche, come la costruzione di una croce a grandezza naturale). Bene il giovane protagonista, Pyotr Skvortsov, e Viktoriya Isakova riesce a tenergli testa senza difficoltà; formalmente sufficiente il lavoro di Serebrennikov, attivo da quasi due decenni e approdato con questo titolo in numerosi festival attorno al pianeta, fra i quali vale la pena ricordare Cannes (premio François Chalais) e il nostrano Biografilm (vincitore 2016). 3,5/10.
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