Regia di Paul Vecchiali vedi scheda film
Una disputa amabile, incalzante, ossessiva, tra un padre esagitato ed iperattivo ed un figlio riflessivo e decisamente passivo fino all'indolenza: questo il baricentro e la forza di un film girato in modo necessariamente amatoriale e senza budget dal grande autore corso, qui sempre al centro dell'azione,vitalissimo e spavaldo malgrado le primavere
FESTIVAL DI CANNES 2016 – SELEZIONE UFFICIALE – FUORI CONCORSO
Un padre e un figlio, caratterialmente opposti e dagli atteggiamenti affettuosamente inconciliabili, oltre che dai gusti sessuali diametralmente opposti, vivono assieme condividendo due abitazioni nello stesso stabile, e si tollerano, si sopportano, lungo un arco temporale che dal 2007 giunge all’attuale presente.
Un padre dinamico, imprenditore sin troppo umorale, amante delle donne e portato a reazioni istintive e umorali, vive il proprio inesorabile declino fisico ostentando un dinamismo che invece pare estraneo al figlio, indolente, riflessivo, annoiato e senza apparenti interessi che lo animino.
Paul Vecchiali, ultraottantenne dinamico e iperattivo, dirige, interpreta (correndo e dimenandosi come un ragazzino!!), sceneggia e si occupa di tutto quanto, autofinanziandosi come per le recenti opere che hanno preceduto questa nuova, eccentrica, ma certo vitale avventura.
Il film presenta scenografie amatoriali ed improvvisate, stante il budget praticamente irrisorio, e si giova di comparse di lusso come Mathieu Amalric, Marianne Basler, Edith Scob e Catherine Deneuve, disposti ad apparire amichevolmente in onore del celebre, vitale maestro.
Un’opera che celebra un confronto che è quasi una sfida: quella tra un padre che non accetta l’idea di avvicinarsi alla fine e prosegue orgoglioso e sprezzante dei rischi legati a malesseri sempre più frequenti; dall’altro lato un figlio un po’ debosciato che se ne frega: vive sulle spalle del genitore, ostentando gusti sessuali diametralmente opposti a quelli virili del dinamico padre, che tuttavia è ben conscio di tutto ciò e ne pare pure sottilmente orgoglioso, quasi a confermare il ruolo di capobranco che il vecchio ha sempre tenuto in vita, nei confronti degli avversari e delle donne.
Nel ruolo del figlio ironico e ozioso, Pascal Cervo conferma di essere l’attore feticcio di questa ultima vivace stagione creativa da parte di un vero e proprio maestro del cinema francese, da decenni (auto)confinato nell’indipendenza della sua vita ai bordi, dell’industria cinematografica da una parte, ma anche della amata costiera francese del sud, che diviene una scenografia essenziale (e gratuita), teatro naturale del suo eccentrico andirivieni di personaggi inquieti, chi vittima, chi persecutore, ma tutti marionette mosse a comando da una vita che li illude di essere protagonisti, lasciandoli spesso disillusi davanti ad un orizzonte visivamente splendido e pieno di ricordi affioranti, quasi palpabili, ma di fatto vuoto all’orizzonte.
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