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Train to Busan

Regia di Sang-ho Yeon vedi scheda film

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La recensione su Train to Busan

di munnyedwards
7 stelle

 

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel lontano 1968, anno di stravolgimenti culturali e sociali, di rivoluzioni e di guerre, ma anche anno di uscita dell’iconico e immortale La notte dei morti viventi, George Romero non poteva immaginare che il suo film diventasse una delle opere più rappresentative della cinematografia (tutta), né tanto meno che originasse un vera e propria fenomenologia che a distanza di più di cinquant’anni non mostra alcun segno di cedimento.

Il mondo e la società sono naturalmente cambiati, tutto è più frenetico e isterico, noi stessi ci muoviamo come ossessi sempre di corsa, bisogna produrre e bisogna consumare, ed ecco che anche lo zombie ha fatto il suo scatto evolutivo, la sua andatura non è più esitante come un tempo, ora corre come un centometrista e morde con la frenesia assassina di un piranha.

Insomma, gli zombie sono ancora insieme a noi, dovunque ti giri ne vedi uno o ne senti il rumore, videogame, narrativa, fumetti, serie tv e ovviamente film, il cinema è un territorio sconfinato dove il morto vivente trova sempre nuovo spazio, non importa quanta schifezza viene prodotta e servita al pubblico affamato.

Train to Busan esce nelle sale nel 2016 e tanto per essere chiari non è una schifezza, tutt’altro, pur costruito su un canovaccio narrativo classico si distingue dalla massa informe di produzioni recenti evidenziando un’estetica accattivante e una solidità di scrittura non comune.

La trama è ridotta all’osso: Un padre divorziato e la sua piccola figlia sono due mondi molto distanti, lui pensa solo al lavoro e a fregare il prossimo (è un broker), lei spera di tornare quanto prima dalla madre, finiranno tutti e due sul treno 101 che parte da Seul diretto a Busan, come tanti altri pendolari vivranno l’apocalisse zombesca negli angusti e opprimenti vagoni del mezzo in corsa.

Ad una prima occhiata è proprio l’ambientazione a incuriosire, il regista Yeon Sang-ho accetta una sfida tecnica non comune e ne esce infine vincitore, mette in scena un ipercinetico e claustrofobico viaggio di sola andata nell’orrore più puro, il treno è una trovata senza dubbio vincente, uno spingersi ancora un passo oltre, non bastano i famelici e velocissimi zombi, il terrore si autoalimenta in uno spazio delimitato ed esplode nella mancanza di vie di fuga, di strade dove correre a perdifiato, di case nelle quali trovare rifugio, l’unico strumento di “difesa” è rappresentato dalle porte che dividono un vagone dall’altro, baluardi da conquistare prima che l’orda zombie prenda il sopravvento.

 

Yoo Gong

Train to Busan (2016): Yoo Gong

 

Ma Train to Busan non si riduce ad una semplice e poderosa esaltazione action/horror, al regista sud coreano, qui al suo esordio nel lungometraggio live action dopo le precedenti prove nell’animazione (The King of Pigs, The Fake), va riconosciuto il merito di aver girato diverse sequenze dall’alto tasso spettacolare, ricche di emozioni, sangue e terrore, ma allo stesso tempo va evidenziato come il cuore pulsante del film si trovi altrove.

Più precisamente in un solido plot che ci porta nel treno assediato facendoci appassionare al destino dei diversi personaggi, in una sceneggiatura che si concentra sul naturale istinto di sopravvivenza (mors tua, vita mea) ma che sopratutto delinea una spietata lotta di classe che rispecchia il contemporaneo conflitto sociale e politico del paese coreano.

L’azzeccata descrizione di una variegata umanità messa di fronte al folle ribaltamento della realtà è senza dubbio uno degli aspetti vincenti del film, forse il più importante, il padre cinico e arrivista che si fa altruista di fronte agli occhi spaventati della figlia, il marito rozzo ma onesto che accudisce la moglie incinta, i due ragazzi innamorati, le sorelle anziane ben descritte con pochissime battute, il viscido funzionario della prima classe schiacciato dalla paura e per questo più pericoloso di un esercito di non morti.

Lo zombie-movie è un genere ormai super inflazionato e per questo soggetto a facili e scontate riproposizioni, Train to Busan non sfugge a questa regola e il suo iter narrativo appare scontato nella sua prevedibilità, ma Yeon Sang-ho presenta una pellicola avvincente e dal gran ritmo, un film che ha il grosso pregio di ricalibrare lo spauracchio del walking dead, sempre e inevitabilmente assoluto protagonista ma anche (sopratutto) strumento fondamentale per una accurata e appassionante definizione dei personaggi, con i quali nel corso delle quasi due ore di girato risulta veramente facile empatizzare, poco importa che in alcuni momenti si scivoli troppo nel melodramma, è un peccato veniale che mi sento di perdonare.

Voto: 7.5

 

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