Regia di Sang-ho Yeon vedi scheda film
La Corea del Sud sta al cinema asiatico come Hollywood sta al cinema americano e mondiale. Accanto a pellicole più intimiste, spesso i suoi "blockbuster" non hanno nulla da invidiare a quelli di Hollywood. Anzi, sono superiori. Il cartoonist Sang-ho Yeon sposta il suo sguardo dal cinema d'animazione a quello in carne e ossa. "Train To Busan" è, infatti, il prosieguo del precedente lavoro, "Seoul Station", realizzato con tecniche d'animazione. Lo scenario è quello dell'apocalisse zombie, che va ormai per la maggiore, con la bella intuizione dell'ambientare la vicenda su un treno in corsa, cosa che rende il film, nelle sue due ore di lunghezza, teso, vibrante, claustrofobico, veloce. Tutte qualità perfette per un blockbuster e tutte implementate assai bene, come scuola comanda, con gli zombie che sono ferocissimi, veloci, rabbiosi, sul genere di quelli del Danny Boyle di "28 Giorni Dopo". I problemi cominciano quando si va ad analizzare più nel profondo questa pellicola: se si toglie la novità del treno, non di poco conto, lo ammetto, il resto è trito, ritrito e trito ancora. Fuga chimica di non si sa quale sostanza, immediata, o quasi, trasformazione degli infetti in divoratori di carne umana, padre e figlia (del tutto insopportabile), donna incinta, eroe sfigato che abbatte a pugni la marea (dis)umana che monta e cattivone di turno, che sappiamo già come finirà. Uff, che noia. In più, particolare che gli fa perdere molti punti per quel che mi riguarda, c'è un insopportabile melò che si sviluppa strisciante, spandendo zucchero e lacrime su una pellicola che doveva essere più secca e decisa. Una roba davvero da vomito, per uno come me che ama, per esempio, gli horror di Rob Zombie. Capisco che un blockbuster debba avere tutti gli ingredienti tipici che piacciono al pubblico, ma qui si esagera, come nell'insostenibile finale. Peccato, davvero, perché per il resto il film intrattiene e l'unica differenza con un godibile film hollywoodiano sono gli occhi a mandorla dei protagonisti. Discreto o poco più.
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