Regia di Hong-jin Na vedi scheda film
Un lungo, contorto, sfiancante esemplare di cinema coreano contenitore di ogni genere. Poco spettacolare e per nulla lineare nello sviluppo. Acclamato un po' ovunque, misteriosamente...
Nell'isolato villaggio coreano di Goksung una catena di inspiegabili delitti coinvolge l'ufficiale di polizia Jong-Goo. L'uomo si convince che la responsabilità dei fatti sia da attribuire ad uno straniero, soprannominato il giapponese. Sino a quando la piccola figlia Hyo-jin inizia a manifestare sintomi di possessione, e subentrano -a confondere le indagini- ipotesi irrazionali che però sembrano essere molto vicine alla realtà.
I film orientali (in questo caso dalla Corea) spesso sono un insieme (quasi mai armonico anche se molto apprezzato da una nicchia di inamovibili fans) di suggestioni e generi, come dimostra questo Goksung, dove al giallo subentra il thriller, poi sconfinato nell'horror. Spiriti maligni, possessione, delitti e via mescolando idee e spunti. Diventa quasi impossibile seguire per oltre 150 minuti (un tempo decisamente esagerato) una storia che oscilla costantemente da un punto di vista all'altro.
Limitatissimo sul versante splatter e oltretutto ben poco spettacolare, presenta un costante clima avverso (in senso meteorologico) con predominanza di pioggia. Le qualità del regista Na Hong-jin, che pure si è aggiudicato un premio grazie all'opera di esordio (The chaser, 2008), è fuori discussione. Ma rimane uno sterile tentativo di rendere più interessante una sceneggiatura (opera dello stesso regista) che presenta troppi momenti di stanchezza. Il finale sembra appiccicato, forzato, inserito giusto per dare senso "infernale" ad un film davvero tedioso. Presentato fuori concorso a Cannes (Festival del 2016) Goksung ha ottenuto un po' ovunque ottime recensioni. Addirittura Ridley Scott, ha annunciato l'intenzione di volerne produrre un remake americano. In fondo, come si suol dire, il Mondo è bello perché vario.
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