Regia di Delphine Coulin, Muriel Coulin vedi scheda film
Il film prova a raccontare lo spinoso tema della guerra contemporanea (difficile da analizzare da una sola angolazione prospettica a causa della maggiore complessità che presenta rispetto a tutte le guerre che si sono succedute prima almeno fino alla conclusione del cosiddetto "secolo breve" come da molti è stato definito il '900).
Le due registe lo fanno concentrando il loro sguardo su un gruppo di soldati francesi (uomini e donne) che dopo essere ritornati dall'Afganistan vengono dislocati a Cipro per una decompressione complessiva che li liberi dai fantasmi che si portano dietro ed è naturale dunque che le vicende siano analizzate attraverso uno sguardo che è soprattutto femminile.
Un film tutt'altro che banale però che ha il pregio (e la capacità) di far riemergere anche nello spettatore istinti sopiti e memorie latenti che sollecitano una riflessione profonda verso una tematica davvero poco conosciuta che è quella della necessità di derealizzazione che investe tutti i combattenti costretti ad affrontare la tragica realtà in questo nuovo contesto bellico. L'interessante percorso in qualche modo "riabilitativo" qui si concentra tutto nel rapporto esistente fra trauma e immagine a partire dai ricordi a volte persino "realisticamente alterati"..
Tutt'altro che didascalico, lascia peer fortuna poco spazio alla descrizione delle terapie postraumatiche e si concentra maggiormente nell'analisi dei teriitori della mente attraverso immagini sintetiche ma in grado di rendere appieno il senso della tragedia.
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