Regia di Kleber Mendonça Filho vedi scheda film
Un film troppo lungo, molto lento e con una trama minima: ovvero, noia assicurata.
Qualcuno dovrà spiegarmi perchè questo film ha tanto affascinato la critica. La storia è poca cosa (una giornalista in pensione rifiuta, unica nel suo stabile, di vendere l'appartamento dove ha vissuto tutta la sua vita adulta a palazzinari che vogliono abbattere l'edificio per costruire un residence di lusso), la protagonista non è simpatica, a tratti è supponente, certo ha un ego sterminato, insomma non è facile provare empatia per lei (si veda, per un discorso di classe, il suo rapporto con la fedele domestica e, per un discorso emotivo-personale, quello con i figli). Il film è decisamente troppo lungo (almeno un'ora delle due e mezza che dura è accessoria: inquadrature lunghissime, primi piani senza parole che durano minuti, un prologo iniziale in cui appaiono personaggi che sembrano importanti e che poi invece non torneranno più. RImane la spiaggia di Recife, ciò che la protagonista vede dalla sua terrazza, il mare, i colori del paesaggio brasiliano: ma, per quanto mi riguarda, non bastano a vincere la noia che, dopo la prima ora, domina la vicenda. Per scoprire come lo stesso argomento (un individuo che resta solo ad opporsi ai costruttori che vogliono acquistare tutti gli appartamenti di una certa area per trasfromarla in un quartiere di lusso) possa essere anche avvincente materiale per una presa di posizione politica, si può leggere il romanzo di Aravind Adiga Last Man in Tower (L'ultimo uomo nella torre). Ma in questo film, la battaglia della ricca signora Clara è tutta personale e l'unica cosa che la rende umana è il cancro al seno che è riuscita a vincere più di trent'anni prima e che, a tratti, sembra essere divenuto la conferma della sua forza, contro tutti gli agenti esterni e interiori.
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