Regia di Thanos Anastopoulos, Davide Del Degan vedi scheda film
Trieste, città di frontiera per eccellenza, d'anima multipla, cosmopolita, ha un "bagno" particolare, comunemente chiamato dai triestini "Pedocin", che ha una spiaggia divisa in due da un muro, unica in Europa. Da una parte gli uomini, dall'altra le donne. Un'anomalia curiosa che i due registi decidono di raccontare, "embedded" nelle due spiagge, senza alcun commento off, ma semplicemente riprendendo l'umanità varia che si succede, nelle varie stagioni, presso lo stabilimento. Non c'è traccia di altra Trieste, qui, il mondo che ci viene mostrato è solo quello dentro e appena fuori il "Pedocin", che così diventa quasi una landa aliena, ma straordinariamente viva, interessante, piena di un'umanità popolare, per certi versi bellissima, attorno a cui si muovono le grandi navi mercantili, molto vicine, e sopra cui spira il vento, la bora. Uno sguardo alla Seidl, in fondo fra l'Austria e Trieste c'è più di un contatto, con una sfilata di pensionati che al "Pedocin" trovano compagnia, partite a carte, un bicchiere di vino e l'ultimo sole, in mezzo ai racconti, in stretto dialetto locale, alla serenità dei gatti, alla malinconia costante, che il mare non aiuta a smorzare. Fra di loro, un muro bianco e delle boe, nell'acqua, a segnare un confine strambo, che solo qualcuno, ogni tanto, si permette di varcare. Una striscia di spiaggia sassosa, non certo bella, spesso lasciata sporca, ma che vive delle vite degli altri, delle canzoni, di una felicità antica e contagiosa, di ricordi. Due ore possono spaventare, ma tutto scorre con grande piacevolezza, ci si affeziona a quei corpi, a quella musicale serenità che ha il ritmo stanco di un mare chiuso e indifferente. Molto bello.
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