Regia di Hoon-jung Park vedi scheda film
The Tiger: An Old Hunter's Tale è un film sudcoreano del 2015, scritto e diretto da Park Hoon-jung. Il film è stato presentato al Far East Film Festival di Udine del 2016.
Sinossi: Monte Jirisian, 1925: durante l'occupazione giapponese della Corea Chun Man-duk (Choi Min-sin), leggendario cacciatore, dopo aver perso sua moglia morta durante una battuta di caccia, decide di rititarsi dalla sua attività e badare al proprio figlio tuttavia il governatore giapponese Maezono (Ren Osugi), avido cacciatore, farà in modo che Chun Man-duk riprenda in mano il fucile per cacciare un'ultima volta un animale leggendario: un enorme tigre di oltre 300 chili, custode del monte.
Park Hoon jung nel giro di pochi anni da completo sconosciuto si è imposto come nuovo autore del moderno cinema coreano grazie innanzitutto alla sua innata capacità di scrittura; Park nel 2010 firma due sceneggiature brillanti ed audaci, film diretti poi da due grandi maestri come Ryoo Seung-wan (The Unjust //www.filmtv.it/film/43997/the-unjust/recensioni/831601/#rfr:none) e Kim Jee-Woon (I Saw the Devil), tuttavia non contento a partire dal 2011 con The Showdown il giovane autore decide di mettersi dietro la macchia da presa con ottimi risultati.
Dopo l'eccelso e nichilista New Wolrd (//www.filmtv.it/film/58670/new-world/recensioni/932941/#rfr:none) Park si cimenta con un dramma in costume molto sentito, in cui emerge il suo amore per la natura e per il mondo animale senza però rinunciare ad alcune sequenze ciniche e cattive, marchio di fabbrica del regista.
L'aspetto più interessante del film è il particolare rapporto simbiotico tra il vecchio cacciatore Chun Man-duk (un magistrale Choi Min-sin) e l'enorme tigre; tra i due c'è una sorta di rispetto reciproco, con il passato e presente dei due soggetti che si intreccia con conseguenze drammatiche per entrambi. Chun Man-duk e la tigre sono una sorta di figure leggendarie, portatrici di valori arcaici e puri ormai inattuabili nel presente, ed infatti questo rapporto può essere letto come un'allegoria sulla transazione forzata e traumatica della Corea verso la modernità.
Il regista alterna questa relazione quasi magica ad una violenza e brutalità tremendamente umane, manifestata attraverso l'opportunismo e avidità di certi cacciatori; pensiamo alla sequenza in cui Goo Gyeng (Jung Man-sik) uccide senza apparente motivo una tigre con i suoi due cuccioli, uccisioni efferate in cui non emerge nessun minimo segno di rispetto verso l'animale e la natura: la sequenza si conclude mostrandoci le tre carcasse, con la madre al centro dell'immagine, il tutto tramite un'inquadratura a piombo accompagnata da un lento e crudo movimento estensivo, quasi a simboleggiare la perdità di umanità del cacciatore, ormai vera e propria bestia.
Ottime anche le scene di caccia, complessivamente la regia è curata e calibrata con alcuni guizzi efficaci e ben piazzati.
Park Hoon-jung gestisce benissimo un numero elevato di soggetti il tutto arricchito da imprevedibili e folgoranti attaccati della tigre, che possono essere furtivi con la suspense che si taglia con il rasoio (in certi frangenti l'animale ricorda quasi Predator di John McTiernan) oppure caotici ed incontrollabili con il regista che non lesina sul sangue.
A proposito della tigre si segnala una CGI sfarzosa e molto credibile, impressionanti le espressioni facciali dell'animale, idem per i suoini tuttavia non si può dire lo stesso per il resto degli animali, in particolare i lupi in cui si percepisce anche se minimamente, l'ultilizzo della tecnologia.
L'unico aspetto sul quale Park doveva fare di più riguarda la rappresentazione dell'esercito giapponese, certo l'autore non si risparmia un'audace frecciata in riferimento all'inutilità della potenza bellica giapponese (impiegano mezzo esercito per uccidere una tigre e falliscono miseramente come sottolinetao dal governatore Maezono «che vergogna per il grande impero imperiale») ma nel totale sono delle semplici macchiette prive di personalizzazione, ed è un peccato visto la presenza di una leggenda come Ren Osugi; inoltre queste scene dilatano troppo la narrazione a scapito del ritmo, senza aggiungere nulla di significatico nè a livello estetico nè contenutistico.
The Tiger: An Old Hunter's Tale pur non raggiungendo la complessità di intrigo di New World oppure V.I.P (//www.filmtv.it/film/161005/vip/recensioni/950255/#rfr:none) conferma comunque tutto il talento del suo autore, poliedrico e sempre pronto a sperimentare e lavorare sul genere in maniera assolutamente personale.
Film estremamente godibile ed interessante.
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