Regia di Albert Serra vedi scheda film
Un nuovo carismatico personaggio storico, Louis XIV, al servizio del geniale e contemplativo cineasta Albert Serra. Occasione opportuna per celebrare un attore simbolo della cinematografia francese: Jean Pierre Leaud, magnifico, sempre in sottrazione a favore del personaggio.
FESTIVAL DI CANNES 2016 - SEZIONE UFFICIALE- FUORI CONCORSO
L'agonia di Luigi XIV di Borbone, meglio noto come "il Re Sole" per l'opulenza raggiunta negli oltre settant'anni di regni dalla sua corte, rappresenta allo stesso tempo il declino rapido ed inesorabile di una monarchia che non sarebbe mai più stata fastosa e scenografica come in quei frangenti, e il graduale tramonto di una concezione del monarca così indissolubile dall'intervento divino intrinseco alla sua proclamazione.
Un dolore acuto e subitaneo alla caviglia che costringe il monarca, di ritorno da una battuta di caccia, al riposo assoluto, e vede la medicina e la scienza piegati in una osservazione quasi inetta o solo inconcludentemente contemplativa di un processo di degrado fisico irreparabile, è la prima avvisaglie di una cancrena che forse, anche per il timore di violare un corpo sovrano di natura quasi divina, spinge i dottori a non intervenire con opportuna mutilazione a fin di bene.
Pertanto assistiamo alla sofferenza di un personaggio forse solo in quel momento veramente uomo terreno e di carne ed ossa.
Serra, che continua magistralmente e quasi ossessivamente a dedicare la sua arte ed il suo stile unico diviso tra sperimentazione e contemplazione di corpi e atteggiamenti di vita, a personaggi storici di spicco sia caratterialmente che dal punto di vista storico civico, punta la sua camera sul volto appassito, quasi soffocato da belletti e parrucche smodate ma pertinenti con i canoni magniloquenti dell'epoca, di un Jean Pierre Leaud meravigliosamente in parte, generosamente in sottrazione a favore del personaggio che incarna, con quei suoi occhietti neri che bucano lo schermo e sovrastano una struttura ridondante che cerca inutilmente di renderlo parte limitata di un personaggio sopra le righe e frutto di meticolosa ricostruzione scenografica che la storia ci ha ampiamente documentato in opere e dipinti.
Atmosfere cupe, frutto di una luce proveniente da candele e lumini, sforzi ed addobbi che paiono una inutile corteccia quando la linfa cessa di scorrere in arti compromessi dalla malattia in espansione.
Poco spazio a narrazione e dialoghi, nel più tradizionale rispetto dello stile maturo ed unico dell'ancor molto giovane cineasta portoghese, dettagli di corpi e visi tesi, il rispetto di cerimoniali e liturgie, tradizioni vecchie come la storia di una paese.
L'attesa della fine, che ci rende all'ultimo tutti uguali e fragili, evanescenti e posticcia, parti minime, pur se magari essenziali, di un complesso di regole e leggi fisiche che invece prosegue instancabile il suo viaggio senza fine nel tempo, e nello spazio.
Il film migliore per celebrare uno degli attori simbolo della cinematografia francese, della Nouvelle Vague e del cinema in generale.
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