Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Cristoforo Colombo fu probabilmente, in una maniera diversa da quella di un Leonardo o un Pico della Mirandola, un uomo del Rinascimento ed in quanto tale poliedrico e multidisplinare: fu navigatore, geografo, filosofo, soldato, (a suo modo) scienziato, politico e uomo di religione. Tuttavia, farcelo vedere combattere come un moschettiere, tralasciando invece le emozioni del primo viaggio, con un accenno molto en passant sui drammi dei marinai che vagarono per più di due mesi sull’oceano, senza sapere se sarebbero approdati da qualche parte o se ce l’avrebbero fatta a tornare indietro, mi pare una scelta discutibile. Anche la consapevolezza di avere trovato una nuova terra, anziché essere giunti su una qualche isola delle Indie, è data fin troppo frettolosamente per scontata. Ma, al di là della verisimiglianza storica, quello che interessava a Scott era far uscire il suo spettacolone nel 1992, anno delle celebrazioni per il cinque centenario della scoperta dell’America. Ma di tutto l’ambaradan messo in piedi dal regista inglese, si ricorda soprattutto l’interpretazione, sentita di Depardieu (Sigourney Weaver mi pare troppo newyorkese per essere credibile nella parte della regina di Spagna) e un paio di momenti commoventi, come quando Colombo incontra in carcere i due figli e quando l’indigeno che aveva accompagnato il navigatore fin dal suo primo approdo a San Salvador si riappropria delle sue radici e, inoltrandosi nella giungla, rimprovera a Cristoforo (involontario colonizzatore?) di non avere mai imparato la sua lingua.
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