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Fiore

Regia di Claudio Giovannesi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fiore

di maurizio73
6 stelle

Lo slancio diventa l'adattamento ad una realtà di privazioni,fatto di dolcezza e renitenza, assecondando solidarietà ma anche l'impulsivo ribellarsi alle istituzioni, reso in modo plastico dalla fuga a piedi nudi sul litorale romano, l'attesa in stazione che non è più agguato predatorio e la rocambolesca fuga senza biglietto sul treno della vita.

L'amore tra Dapne e Josh è alimentato dalla condivisione di un passato difficile e di un presente tra le sbarre di un carcere misto dove maschi e femmine hanno solo sporadici contatti. La diversa scadenza della loro detenzione e la prospettiva di una inevitabile separazione sembra compromettere il loro rapporto; ma il loro sogno adolescente di libertà e vicinanza sembra più forte di qualunque costrizione istituzionale.

 

locandina

Fiore (2016): locandina

 

Cuori in gabbia

 

Al suo terzo lungometraggio il cinema di Giovannesi ha già la fisionomia definita di uno sguardo sulla realtà che non si ferma alla mera rappresentazione del disagio sociale e generazionale degli esempi più premianti tra quelli della recente produzione nostrana, ma propone una vicinanza umana ai suoi protagonisti ed un'attenzione alle loro contraddizioni che si fa allo stesso tempo analisi sociale e poesia della marginalità, raccogliendo una lezione artistica che rimanda all'esempio etico di Pasolini ma anche al folgorante esordio nel racconto di formazione di Truffaut, esplicitamente citato in una delle scene finali. Se gli esiti sono quelli di un risultato compiuto che riscuote l'ennesima attenzione di pubblico e stampa specializzata, sono l'ispirazione di fondo ed il lavoro preparatorio il valore aggiunto di un'idea di cinema che coglie nella difficile realtà di un carcere minorile alle porte di Roma (adolescenti di ambo i sessi crudelmente separati da uno steccato fisico e affettivo) e nei provini fatti 'per strada' ai due protagonisti (attori non professionisti che condividono con i loro personaggi un vissuto fatto di disagio sociale ed esperienza del carcere) lo spunto per un discorso sul ripensamento istituzionale di un percorso rieducativo che crea barriere, isola gli individui, separa gli affetti. Lo slancio narrativo diventa allora (proprio come nell'autore francese) l'inevitabile adattamento ad una realtà di privazioni (l'assenza della famiglia, la restizione della libertà, il sequestro dei sogni) che contemperi dolcezza e ribellione assecondando, come avviene per il personaggio interpretato dalla bravissima Daphne Scoccia, una maggiore attenzione verso le esigenze altrui (in questo sembra importante la sensibilità femminile apportata dall'unica donna tra gli sceneggiatori) ma anche l'impulsivo ribellarsi alle istituzioni, reso in maniera plastica dalla significativa fuga a piedi nudi sul litorale romano, l'attesa in stazione che non è più agguato predatorio ma punto di ripartenza e la rocambolesca e avventurosa fuga senza biglietto sul treno della vita.
Presentato in concorso nella sezione Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2016, Premio Speciale per Claudio Giovannesi e Premio Guglielmo Biraghi a Daphne Scoccia ai Nastri d'Argento 2016 e Migliore attore non protagonista a Valerio Mastandrea (nel suo solito ruolo di padre difficile) ai David di Donatello 2017. Nessun premio invece e un breve riscatto per Josciua Algeri, ex detenuto, rapper e attore teatrale in erba scomparso tragicamente a soli 21 anni esattamente nel Marzo di quatto anni fa.

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