Regia di Claudio Giovannesi vedi scheda film
L'amore non è un sentimento contemplato tra le sbarre di un carcere. Daphne e Josh si incontrano e vivono, attraverso una dolcissima storia di sguardi, un percorso amoroso per il quale entrambi valuteranno che vale la pena di rischiare la libertà ed ognuno il proprio futuro. Un film intimo e accorato che ben ci ha rappresentato a Cannes.
FESTIVAL DI CANNES 2016 – QUINZAINE DES REALISATEURS
Daphne e Josh, due nomi da telenovelas o serials di grande impatto popolare.
Entrambi minori, reclusi in carcere, lui da parecchi mesi, lei appena entrata dopo una serie di rapine effettuate per sottrarre, coltello alla mano, anzi alla gola, cellulari di marca da rivendere o piazzare.
Separati costantemente, i due cominciano a guardarsi e da quegli sguardi furtivi e dubbiosi nasce quella che pare un’amicizia, e si trasforma in una storia d’amore attanagliante, che spinge entrambi, ognuno forte del proprio carattere duro e irresoluto, a mettersi nei guai, complicando e pregiudicando le rispettive “carriere” carcerarie, e allungando i tempi di detenzione.
Il Claudio Giovannesi di “Ali ha gli occhi azzurri”, dirige con accuratezza ed efficacia un film intimista, fatto di sguardi e sfumature emotive, di studi approfonditi eseguiti a colpo d’occhio per capire e decifrare emozioni che le circostanze non permettono di sviscerare; ma anche un film di scatti emozionali, di rincorse in riva al mare e di fughe a rotta di collo, quando il sentimento è più forte del pericolo che incombe in seguito alla punizione.
Splendida l’intesa che scatta tra i due bravi attori giovani, entrambi esordienti, ma su Daphne Scoccia in particolare saremmo disposti a scommettere.
I contorni di vita e familiari che circondano la realtà che sta fuori della vita reclusa di tutti i giorni, sono quelli di un gruppo disomogeneo in cui ognuno ha i propri problemi da regolare con la legge, quella dello Stato o della semplice sopravvivenza, ognuno andando incontro ad un compromesso che gli consenta di rientrare nei ranghi: questo succede per il padre di Daphne (Valerio Mastandrea perfetto), figura dolente che cerca di rialzarsi e, finché può, di evitare alla figlia il precipizio in cui pare destinata e dal quale egli stesso ha già avuto modo di rovinare.
Fiore è un piccolo film importante, che ci rende fieri di partecipare ad una rassegna prestigiosa come la Quinzaine di Cannes (è proprio il film-prototipo da Quinzaine!) e che ragiona e dimostra lucidamente e con un forte impatto emotivo, la essenziale, inevitabile prevalenza del sentimento su tutto ciò che è invece mero regolamento ed istituzione: giusto ed inevitabile in via di massima o di principio, ma ingiusto e castrante quando lo si applica a priori senza alcun provvedimento correttivo che vada al di là delle regole.
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