Regia di Alessandro Comodin vedi scheda film
CANNES 69 - SEMAINE DE LA CRITICHE - HORS COMPETITION
CINEMA OLTRECONFINE
Di buon mattino due giovani ergastolani si danno alla fuga calandosi dalle mura di una prigione dalle fattezze non meglio identificate, in un luogo di montagna che non ci viene specificato; come non ci viene chiarito in che epoca precisa ci troviamo al momento della rocambolesca evasione con fuga nella foresta più fitta e disabitata.
Ironia della sorte vuole che i due fuggiaschi, dopo la spensieratezza della nuova libertà inebriante in mezzo ad una natura severa certo, ma anche generosa, si fanno cogliere impreparati al fuoco di due briganti, che li freddano senza il minimo rimorso, al primo incauto brusco movimento.
Ai giorni nostri scopriamo la gente di quegli stessi luoghi, rivangare vecchie storie legate alla presenza del lupo, bestia infida e malvagia che uccide per il gusto di uccidere e non solo per esigenze legate alla sopravvivenza istintiva ed inevitabile.
La giovane Ariane, mentte raccoglie la legna nel.bosco, scopre l'ingresso di una grotta che custodisce i segreti di quel misterioso animale: e viene tentata dalla presenza di uno dei due galeotti, in qualche modo tornato a vivere con le sembianze dei tempi della fuga. Sarà lui una delle possibili incarnazioni del lupo tentatore?
Alessandro Comodin affronta la sua seconda opera, dopo quella intensa "Estate di Giacomo" che incanto' molta critica per la freschezza dei suoi personaggi veri oltre ogni immedesimazione, con un coraggio da leoni, più che da lupi. E rielabora con estro e complessità vecchi miti legati alle antiche storie e fiabe della sua terra, il Friuli, fino ad un secolo prima saldamente ancorata nel suo destino alla cura e alla gestione del bosco, con le sue preziose e rare ricchezze e i suoi misteri più inesplicabili ed ignoti.
Un coraggio, quello del regisya friulano, che si evidenzia attraverso un film enigmatico, scomposto e disarticolato sia a livello temporale che narrativo. Ma certo molto affascinante, di carattere, che sfoggia uno stile misterioso e tratti gotici della antica leggenda popolare, rivisti nei dettagli di ina realtà vicina alla attuale quotidianità.
Un film che può lasciare perplessi, ma che è anche in grado, almeno a tratti, di farsi sorprendere e di affascinare dalle singole situazioni, anche quelle più improbabili p apparentemente forzate. Un film che necessità di essere assimilato, meditato, momento per momento, piuttosto che restare ancorati di principio, e quasi come uno scudo di difesa, ad una razionalita matematica che cerca strenuamente in ognuno di noi di far quadrare il disordine più suggestivo ed inestricabile che la storia produce.
Comodin infatti lascia spesso di stucco, ed è lì il cardine del coraggio che gli riconosciamo poco sopra, ma sa affascinare con simbolismi sottili, enigmatici, ed inquadrature complesse e piene di suggestioni che richiamano alla mente, con le dovute cautele e distinzioni, anche tratti del cinema controverso e simbolico di Lynch.
Un cinema ibrido ed astratto di tale portata si è giocato coraggiosamente una partita, persa in partenza, con la già di per sé problematica distribuzione in sala nel proprio pare natio, ovvero il nostro. Ma è un vero piacere ritrovarlo, se pur con una distribuzione molto limitata, in alcune sale francesi più tradizionalmente e gioiosamente d'essai, come il Mercury di Place Garibaldi, a Nice (France).
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