Regia di Theodore Melfi vedi scheda film
Didascalico, semplicistico, edulcorato, affetto dai soliti mali del cinema fatto dai bianchi come forma di pentimento (leggasi “contentino”) per i torti patiti dai neri (dentro e fuori il Dolby Theatre) ecc. e chi più ne ha più ne metta.
Ma chissà come mai (anche) io me ne faccia una ragione tanto facilmente da riuscire a vedere un film, Hidden Figures (per l’azzeccata parafrasi del titolo rinvio all’opinione di port cros), grazioso e soddisfacente, che (lasciandosi un poco andare) piace.
Hidden Figures, ovvero la rivincita delle more.
Non solo afro-americane al tempo delle discriminazioni e delle diffidenze.
Ma afro-americane con cervelli prestati alla causa (allora la più importante) della Nazione.
Discriminazione (di pelle e di genere) al quadrato a cui fa da contraltare, per trovare il giusto equilibrio, tanto carattere e talento.
E ben calibrate dosi di leggerezza e romanticismo.
Non so quanto ci sia di autentico e quanto di romanzato (per non dire palesemente inventato) nella storia (by a true story, come nella migliore tradizione), ma certo non si può dire che non funzioni. Anche perché i dettagli potranno pure essere libertà narrative, ma la sostanza no. Perché, a ben vedere, trattasi di uno dei volti del sudato percorso di emancipazione femminile (per cui il lavoro non è quello dietro i fornelli e lo studio non è quello delle ricette di cucina) concentrato in una storia collettiva ambientata negli anni ’60, quando anche il colore della pelle contribuiva ad arretrare il comune sentire socio-culturale. Una storia collettiva fatta di storie individuali (oserei dire anonime, almeno al tempo) ed annesse distinte vicissitudini; quelle di 3 donne, che vivono gioie e dolori privati e professionali, come parte di un tutto, di rilevanza nazionale.
Ma donne legate da un vincolo solidaristico e fedeli al motto che l’unione fa la forza e chi la dura la vince.
Per la serie; l’eroismo che non ti aspetti (o meglio; che ti aspetti come oggetto di un bel dramedy made in USA).
Sceneggiatura e regia standard, per un prodotto mainstream che non fa alcunchè per mostrarsi diverso da quello che è. Un tripudio di orgoglio femminista e meritocrazia (contro ogni forma di discriminazione e disuguaglianza) sotto l’egida delle solite stelle e strisce… che poi è l’orgoglio di tutti (anche dei non americani).
Metodo classico e risultato impeccabile.
Ma non per questo un prodotto per sole famiglie.
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