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Il diritto di contare

Regia di Theodore Melfi vedi scheda film

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La recensione su Il diritto di contare

di barabbovich
5 stelle

All'inizio degli anni '60, in un'America in fase di assestamento tra la svolta kennediana, il carisma di Martin Luther King e la sua lotta per i diritti civili, la Guerra Fredda con l'Unione sovietica si combatteva non soltanto sul piano delle acquisizioni militari, ma anche su quello della conquista dello spazio. È in questo contesto che, alla Nasa, si fecero valere tre "figure nascoste" - come ci ricorda il titolo originale - doppiamente discriminate: perché nere e perché donne. Il film, piuttosto calligrafico e ovattato, di Theodore Melfi ricostruisce quello snodo cruciale raccontando la storia di una matematica, un'ingegnera e una fisica che, grazie ai loro talenti, seppero dare un contributo decisivo a quel carrozzone maschilista e razzista che era allora la Nasa, grazie anche a una direzione concreta e relativamente aperta, incarnata dal personaggio di Kevin Costner. La regia indugia su qualche eccesso di romanticismo, diventa persino didascalica nella sottolineatura della discriminazione (era passato poco più di un lustro da quando Rosa Parks si rifiutò di cedere il posto su un autobus a un bianco eppure il bagno per le donne di colore si trovava sempre a un chilometro dagli uffici…) ma, pur nel suo classicismo e in più di un momento pletorico, il film ispirato al libro  di Margot Lee Shetterly - che, dopo Lincoln, Django unchained, 12 anni schiavo, The butler e Selma, va a ispessire la serie di film dell'era Obama con palesi richiami antirazzisti - ha l'indubbio merito di scoperchiare la doppia attitudine discriminatoria persino lì dove i principi illuministici avrebbero dovuto essere più robusti.

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