Regia di Theodore Melfi vedi scheda film
Il semisconosciuto Melfi è abile nell'imbastire una dramedy brillante e divertente sullo snodo cruciale di un riscatto di genere e di razza come paradigmi di una nazione che progredisce dall'interno per affermarsi all'esterno, guadagnandosi la meritata ribalta di 3 nomination agli Oscar, 2 ai Globe ed 1 ai BAFTA.
Impiegate presso la NASA come calcolatrici umane nel programma Mercury, le tre amiche e matematiche di colore Katherine, Dorothy e Mary vivono e lavorano in un clima di pesanti discriminazioni sessiste e razziste nella Virginia dei primi anni 60.
Dotate ciascuna di un talento particolare, di una ferrea volontà e spirito di adattamento alle mansioni richieste, le tre ragazze si faranno strada contribuendo in modo determinante al successo di una missione fondamentale per il programma spaziale americano e per colmare il gap tecnologico e geopolitico con l'odiata controparte sovietica.
Dalle parti della retorica eroistica di Apollo 13 e dei toni ironicamente agiografici delle lotte per i diritti civili di un cinema liberal politicamente corretto, questa storia esemplare di orgoglio e riscatto di donne nere doppiamente discriminate agita la sua bandierina sul confine periglioso che separa il fronte interno di un'America alle prese con gli anticorpi alle contraddizioni della propria storia e quello esterno di una supremazia organizzativa messa in crisi dal volo orbitale di Gagarin in anticipo di un anno sul proprio ruolino di marcia. Quello che ne esce è un cinema di genere che riesce a sfruttare bene i suoi 127 minuti di metraggio per un calcolato countdown alla conquista dei 200 km yankee sulle nostre teste, alternando con sagacia un montaggio che ripartisce responsabilità e successi delle tre protagoniste quali impavide antesignane di un pionieristico campo di ricerca (la matematica computazionale, l'ingegneria aerospaziale, la meccanica orbitale), propugnandone le relative cause tanto in ambito lavorativo quanto sul piano dell'autonomia sociale (tutte madri, mogli, donne in carriera e...con la pigmentazione meno adatta al particolare luogo e momento storico). Se lo schematismo narrativo ed il chiaro intento didascalico possono togliere credibilità ad un'operazione piaciona come questa, sono la leggerezza del registro, l'attendibilità dell'ambientazione e la verve degli interpreti (pure teutonici 'pezzi grossi' come Costner e Dunst sono relegati in secondo piano rispetto alle tre bravissime primedonne) a conferire al film smalto ed energia sufficienti a dimostrare per l'ennesima volta la tesi di una supremazia nazionalistica di un Paese che basa le sue chances di successo sulla qualità dei suoi uomini e sulla infallibilità della sua organizzazione: al primo contribuisce più la statistica, al secondo la Storia. Particolarmente abile nell'imbastire una dramedy brillante e divertente sullo snodo cruciale di un riscatto di genere (a quando la trasposizione cinematografica della esaltante avventura delle calcolatrici umane dell'Harem di Pickering?) e di razza come paradigmi di una nazione che progredisce dall'interno per affermarsi all'esterno, il giovane e semisconosciuto Melfi mette in primo piano quelle figure nascoste (da qui il titolo originale) che agiscono nell'ombra per dare lustro alla storia di un popolo, guadagnandosi la meritata ribalta di 3 nomination agli Oscar, 2 ai Globe ed 1 ai BAFTA proprio in un momento di curiosa inversione di tendenza della politica americana arroccata sulle retrograde posizioni protezionistiche e xenofobe del suo platinato ed egocentrico comandante in capo. Interpreti principali e secondari tutti abilmente in parte e spassosissimo commento musicale di Zimmer&C. a sottolineare gli intermezzi semiseri di una intolleranza etnica vissuta con leggerezza.
They'll call it a mystery
But we're gonna call it victory
We'll be writing history
It's gon' be victory
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