Regia di Mike Nichols vedi scheda film
Stanca di essere manipolata da uomini alla ricerca di avventure occasionali Suzanne si vendica uccidendoli per finta con pallottole a salve, in una crescente smania di non accettazione della propria identità. La sua carriera di attrice non la porta da nessuna parte, perfino il corpo comincia a sentire il peso dell’età mentre lo scoramento impazza, alimentato da Doris, la madre alcolizzata, che approfitta di ogni minima situazione per umiliarla. Stanca di dimorare nella desolata Via della Solitudine, Suzanne sogna una fuga disperata da quell’Hotel dei Cuori Spezzati che la opprime. L’essenza del film si può riassumere nella delirante apoteosi di Doris, la star, che schiocca le dita, si siede, si sistema la gonna cominciando a declamare la sua vita a tempo di swing. “Good times and bum times, I’ve seen them all and my dear, I’m still here, sometimes a kick in the rear but I’m still here!”, versi che la dicono lunga sulla caustica personalità materna e si susseguono con un ritmo incalzante in un ingenuo delirio di vanità con Suzanne che sorride amaramente, conscia della sua festa sciupata da una totalizzante ansia di protagonismo cronico. Costruzione innaturale di una commedia mascherata da dramma in un apparente conflitto al vetriolo tra madre e figlia incapaci di comprendersi a causa di una disgregante barriera innalzata fra le loro due esistenze. Guerra di nervi dettata da traumi risalenti ai tempi dell’infanzia, in un incontro-scontro generazionale lasciato a macerare in superficie, destinato a dissolversi in rapide schermaglie in cui ognuna delle due contendenti finge di non comprendere i motivi dell’altra nel tentativo di profferire l’ultima parola. Ovvio che l’imperativo è quello di superarsi a vicenda, perfino in casalinghe gare di canto alla presenza di amici e parenti, in un’incompiuta sintesi di due generazioni frustrate a confronto che giocano una caustica partita a rimpiattino, mirando l’un l’altra a colpevolizzarsi in un presente pregno di amare memorie del passato. Ma le cartoline dall’inferno (anzi dal bordo, perché il titolo italiano è fuorviante), talora risibili per la loro enfasi (melo)drammatica, sempre intrise di un “volemose bbene” di fondo, prodighe di citazioni di star assurte a modelli di vita deviante come Lana Turner e Joan Crawford, non riescono a mordere nel modo dovuto nonostante le eccellenti performance delle due attrici (scopriamo anche che Meryl sa cantare benissimo). Colpa di talune immotivate immissioni di vieto sentimentalismo di marca tipicamente hollywoodiana che viene percepito dai più come una innaturale forzatura di questa vicenda (agro)dolce di donne sull’orlo di una crisetta di nervi.
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