Regia di Mick Jackson vedi scheda film
Si comincia, prima ancora dei titoli di testa, con due scene contrapposte: David Irving dichiara beffardo che ad Auschwitz “sono morte meno donne che nel sedile posteriore dell’auto di Kennedy” e Deborah Lipstadt spiega ai suoi studenti come funziona la logica dei negazionisti. Si arriva presto allo scontro diretto, quando il primo denuncia la seconda per diffamazione e la costringe a difendersi. Ovviamente non è un semplice film giudiziario; ma non è neanche un film sulla Shoah. A dirla tutta, tende a glissare: i nostri vincono adottando una linea di difesa riduttiva, se non rinunciataria; ossia, non ricorrono alle testimonianze dei sopravvissuti (che a distanza di tempo possono cadere in contraddizione e diventare inattendibili agli occhi della giuria), non la mettono sul piano dell’indagine storica (non bisogna dimostrare che la Shoah ha avuto luogo, ma solo che l’accusa è in malafede), si limitano a spulciare migliaia di pagine del diario di Irving per dimostrare che nutre idee antisemite e ha contatti con gruppi neonazisti. Perciò tutto il versante giudiziario, stranamente, è fin troppo sobrio e poco esaltante; e del resto che sia stata una vittoria di Pirro lo dimostra l’ultima scena, con Irving che ripete impunito le sue balle in una trasmissione televisiva. Rachel Weisz fiera e combattiva, Timothy Spall viscido, Tom Wilkinson calmo e tenace.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta