Regia di Simón Casal vedi scheda film
Testimonianza storica. Racconto di commemorazione e di denuncia. In formato televisivo.
Sporchi. Lo sono solamente certi lupi. E non sono quelli delle favole, quelli che popolano le grotte nascoste nel fitto del bosco, dove forse si cela il mistero dell’universo, dove si possono trovare tutte le risposte. Non sono quelli che vivono lì, in mezzo ad un’immensa distesa coperta di tassi, gli alberi che un’antica tradizione celtica vuole siano creature magiche, perché ritenute immortali. I lobos sucios hanno sembianze umane. Parlano lingue diverse, ma vogliono tutti la stessa cosa. Vogliono uccidere, umiliare, distruggere, e, soprattutto, vincere la guerra, ad ogni costo. Per loro il tesoro ha il nome di un elemento chimico: il wolframio è l’oro micidiale con cui si fabbricano bombe potentissime, e per il quale si schiavizzano i prigionieri politici, i dissidenti costretti a consumare le loro povere esistenze nei cunicoli delle miniere. È il 1944. La guerra civile spagnola è finita, ma l’era franchista è appena iniziata, e la repressione imperversa ovunque, nel Paese, con la complicità del regime nazista. Nel cuore di una Galizia rurale e selvatica, aspra come la pietra ma soavemente avvolta nell’incanto di una bellezza naturale, si svolge una storia di uomini e donne, di amore e di odio, di forza usata per sconfiggere, per combattere, per lavorare, per inseguire i propri sogni, giusti o sbagliati che siano. La vicenda è ispirata ad eventi reali, ma la cronaca è solo il rozzo canovaccio su cui si intreccia la fibra spessa e compatta del romanzo che si nutre di emozioni, che tiene lo sguardo fisso sul dolore, sulla paura, sul batticuore che rende importante ogni momento, protagonista ogni persona. Dramma e avventura si fondono nella tensione di un affanno onnipresente e ininterrotto, universalmente condiviso, sia pur in mille modi diversi: un’ansia che invade ogni angolo di quel piccolo, ombroso mondo, trasformando ogni gesto in lotta, lasciando che gli istanti di apparente gioia si riducano a fuggevoli sprazzi di un desiderio carico di timore per il futuro. Quest’angoscia è il velo che appiattisce la singolarità del momento storico su un collaudato canone narrativo tipico della nostra epoca, ma in fondo senza tempo: è l’epica della gente comune, degli eroi senza nome e fatti in casa, leggendari perché sconosciuti e dimenticati, adatti ad essere inventati a piacere. Non sono nati per stupire, ma solo per ricordare, testimoniare, ammonire e denunciare. Non dicono frasi celebri. I loro dialoghi sono strettamente funzionali all’azione, escludono il pensiero che ci possa distrarre dalla situazione, dai fatti che accadono, da ciò che veramente conta. Raccontare è lo scopo principale. E tanto meglio se ogni dettaglio risulta profondamente sofferto, scolpito nei tratti del viso e nelle movenze del corpo.
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