Regia di Yilmaz Güney, Serif Gören vedi scheda film
Cinque detenuti in un carcere turco durante i primi anni '80 ottengono un breve permesso per far ritorno a casa, intraprendendo un lungo viaggio in treno che li porterà ciascuno alla risoluzione,talora drammatica, dei conflitti sociali e culturali che hanno investito le rispettive famiglie a causa della loro condanna.
Muovendo dalle inquietudini e dai tormenti che agitano il cuore di esistenze interrotte come l'incessante turbinio del mare che si infrange sulle coste di un confino insulare, Goren e Guney intraprendono il tortuoso itinerario di un viaggio, difficile e angusto, attraverso gli estesi territori di una nazione sospesa, come le vite dei suoi protagonisti, tra lo slancio di una faticosa modernità ed il giogo di tradizioni familiari arcaiche, tra le costrizioni di un tirannide marziale e quelle ancor più dure e spietate di un anacronistico patriarcato. Opera che testimonia la sorprendente vivacità antropologica del cinema turco, rivela un raffinato equilibrio tra la esemplare singolarità dello sviluppo narrativo (storie parallele di tragedie personali che si esauriscono in una drammatica convergenza temporale nella variegata morfologia di un territorio sconfinato) e le suggestioni di un misurato lirismo che indugia spesso nei primi piani di volti segnati dalle fatiche del tempo e dalle prove della vita, attraversato dagli echi di una infinita melodia della memoria tra il suono dolce del flauto e la solennità celebrativa del davul.
Pur approntando gli elementi di una messa in scena classica e senza smanie virtuosistiche (calibrati i movimenti di macchina e pochi piano sequenza), è notevole dal punto di vista figurativo nella policromia dei paesaggi (dalla caotica modernità dei centri urbani alla brulla povertà dei villaggi rurali, dalle praterie verdeggianti del confine siriano alla raggelata asprezza dei monti del Ponto) e dei costumi tradizionali, venato da un sottile simbolismo politico e dimostrativo nella forzata ineluttabilità dei paradigmi sociali (storie di famiglie disgregate che il ricongiungimento coniugale porta alla definitiva frammentazione: dal sogno infranto dello sposo trattenuto in caserma alle smanie sessuali di un fidanzato in regime di 'sorveglianza morale', dal ratto familiare di un padre codardo e ripudiato dai cognati agli obblighi d'onore di un marito tradito dalle debolezze della cosorte fedifraga al tacito addio di un amore perduto nel dramma dei poveri contadini curdi). Splendida la fotografia di Erdogan Engin e le musiche tradizionali di Sebastian Argol e Zülfü Livaneli. Da un soggetto di Yilmaz Güney, scritto durante la detenzione e diretto dall'autore insieme al sodale Serif Gören. Vincitore al Festival di Cannes 1982. La lunga strada (Yol) verso casa.
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