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Novatos

Regia di Pablo Aragüés vedi scheda film

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La recensione su Novatos

di scapigliato
8 stelle

Realizzato grazie al crowdfunding, Novatos, è il terzo lungometraggio di Pablo Aragüés, zaragozano, classe 1982. La trama è semplice come la realizzazione del film. Álex (Javier Butler) è un ragazzino che parte dalla provincia e arriva a Madrid per frequentare l’università. Dopo essersi installato nella residenza universitaria, ovvero il Colegio Mayor, è preso di mira da un gruppo di ragazzi più grandi che lo perseguita e umilia con atti di bullismo. A capo del gruppo di “veteranos” c’è Estévez, interpretato da Nicolás Coronado, figlio di José Coronado, ese pedazo de actor, e di Paola Dominguín, la modella figlia del celebre torero Luis Miguel Dominguín e dell’attrice Lucia Bosé. Infatti, Nicolás, che oltre attore è modello come la madre, ha preso più i caratteri somatici del ramo materno: alto, magro, ossuto, viso pronunciato e allungato tipicamente spagnolo che conferma il vecchio adagio che gli spagnoli son tutti figli di Felipe II, ricorda poco il padre e molto di più lo zio Miguel Bosé. Perfetto quindi nella parte del “vampiresco” capoccia dei “veteranos” che insidiano ad ogni ora del giorno e della notte le povere matricole, i “novatos”.

La storia è nella sua quasi totalità biografica. Come fa sapere lo stesso regista, nel 2000 si trasferì da Zaragoza a Madrid per frequentare niente meno che la Complutense. Si installò nel Colegio Mayor e soffrì la maggior parte dei bullismi descritti nel film. Quelli che non soffrì lui direttamente, li soffrirono i suoi compagni. Aragüés ci tiene a far sapere che le situazioni, i personaggi e perfino i dialoghi sono una fedele ricostruzione di quello che successe all’epoca.

Novatos è una pellicola più che indipendente, al limite dell’amatoriale. Se tralasciamo la messa in scena e gli interni del campus, che sembrano quelli di un film porno cecoslovacco degli anni ’90, rimediati chissà in quali scantinati, il film è tecnicamente lontano anni luce dai limiti delle opere amatoriali. La fotografia, i tagli delle inquadrature, i primi piani e l’ottimo ritmo del montaggio, svelano la bravura di un regista che nonostante la giovane età ha un’ottima preparazione tecnica derivata anche da una lunga carriera nell’audiovisivo tra lunghi e cortometraggi, documentari, una ventina di videoclip, programmi televisivi, festival e pubblicità.

Non solo la tecnica, ma anche gli attori danno un valore aggiunto alla pellicola. Il giovane Javier Butler, il protagonista vessato dai bulli del campus, riesce a trasmettere da un lato il senso di impotenza e rassegnazione davanti agli atti di nonnismo, ma al tempo stesso, grazie al suo corpo acerbo e dinoccolato e a quel viso di piena adolescenza, riesce a trasmettere molta rabbia e molta resistenza tipica di quell’età rabbiosa e ribelle. Allo stesso modo, Nicolás Coronado, con il suo aspetto vampiresco, è azzeccatissimo nel ruolo della giovane carogna. Insensibile, umiliante, prevaricatore, opportunista, il suo Estévez rappresenta il germe delle classi bene spagnole ed anche europee, atavicamente radicate nel culto delle tradizioni come forma di classismo e percorso elitario. Sue infatti le parole più inquietanti della pellicola: «Questo collegio ha visto passare molta gente, gente importante del nostro paese. L’élite politica, banchieri, impresari, studiarono qui. Non è casualità, è tradizione».

Il monologo continua insistendo sul fatto che è proprio attraverso il nonnismo che si formano i veri uomini, imparando a incassare i colpi quando sono matricole e saperli poi ridare quando arrivano conquistano posizioni di potere. Una lezione di stampo fascistoide in cui il rapporto di forza è alla base di qualsiasi relazione umana. Nella Spagna postfranchista è ancora un tema attuale tra nostalgici di Franco e progressisti repubblicani, ma è uno scenario inquietante che riguarda ogni paese del mondo. Il peggio, come evidenzia bene Aragüés nella direzione degli attori, è l’inconsapevolezza di tali bullismi e tali prevaricazioni classiste da parte dei più giovani, che scimmiottano un mondo, quello dello scontro bellico tra franchisti e repubblicani, senza averlo vissuto, senza sapere a quali orrori potrebbe portare. Un gap generazionale inquietante che riguarda tanto i giovani spagnoli come quelli italiani, tedeschi, russi e americani che inseguendo un modello paramilitare per imporsi nella società in cui vivono tornano ad abbracciare le basi ideologiche dei fascismi e dei nazismi che hanno insanguinato il mondo durante il novecento. E non sanno, bontà loro, che è la loro povertà umana a trasformarli in gerarchi.

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