Regia di Phil Wurtzel vedi scheda film
Horror di stampo teatrale, poco convincente e molto accademico. Frutto di un produttore e regista teatrale di Los Angeles che sceglie -impropriamente- di frequentare un genere (l'horror) evidentemente non nelle sue corde.
Il Cawdor Barn Theatre, sotto la direzione del regista teatrale Lawrence (Cary Elwes), è in realtà un centro di recupero nel quale converge, per tre mesi, un gruppo di disadattati. Mediante la rappresentazione del Macbethn Lawrence, supportato anche da uno psicologo, mette in atto una personale terapia comportamentale avente la finalità di recuperare i provvisori ospiti. Tra loro è presente anche Vivian (Shelby Young), ragazza affetta da visioni a seguito di un delitto compiuto in reazione ad abusi sessuali, subiti in giovane età.
Phil Wurtzel, produttore e regista teatrale di Los Angeles, scrive e dirige questo inefficace horror di impianto appunto plateale e artificioso. Nonostante la corretta gestione del set, con attori tutto sommato più che convincenti e una fotografia molto curata, A haunting in Cawdor soffre di una lentezza endemica dovuta principalmente ad una sceneggiatura poco ispirata e centrata, in buona sostanza, sulle dinamica teatrale. Le lunghe sessioni di prova e i rapporti -anche conflittuali- tra gli ospiti della struttura sono gli unici elementi che caratterizzano la storia. Senza che mai nulla accada, almeno sino agli ultimi dieci minuti, con blanda spiegazione paranormale: nel teatro agisce lo spettro di Roddy/Michael Welch, figlio del regista Lawrence, morto suicida e intrappolato in una sequenza visiva incisa su nastro magnetico. La debole spiegazione però non da conto del perché la scialba protagonista sia afflitta da visioni paranormali. In conclusione, quel che rimane è un dramma adatto ad una platea di pubblico eterogeneo ma con probabile disinteresse di visione -nei confronti del titolo- da chi invece si aspetta un thriller o un horror.
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