Regia di Guido Brignone vedi scheda film
Il barone Carlo Mazza è uno spiantato napoletano senza arte, nè parte; messo alle strette, tenta la carta del matrimonio di convenienza. La donna che lo dovrebbe mantenere è una giovane piacente e naturalmente ricca: ma com'è ovvio si tratta di una trappola.
Brignone, classe 1886, cominciò la sua carriera registica alla metà degli anni Dieci; con trent'anni di esperienza sulle spalle, nel secondo dopoguerra poteva ormai permettersi di dirigere a occhi chiusi una pellicola popolare e innocente come questa. Il barone Carlo Mazza è in fin dei conti solo uno schizzo scritto attorno all'istrionico protagonista, un lanciatissimo Nino Taranto che nell'ora e mezza scarsa di durata del film fa realmente il bello e il cattivo tempo; la sceneggiatura di Michele Galdieri (anche autore unico del soggetto) e Fulvio Palmieri non si sofferma però più di tanto sulla costruzione logica della trama, nè sulle psicologie dei personaggi, puntando tutto sulla verve degli interpreti e sui dialoghi, fitti di giochi di parole e lazzi abbastanza ingenui. Considerando i tempi che correvano, con un cinema italiano tutto da ricostruire e la legittima voglia di leggerezza e spensieratezza da parte del pubblico, un'opera del genere giunge puntuale e, si può dire, fa il suo dovere e nulla più; l'impostazione teatrale della messa in scena (e la relativa recitazione) e la totale mancanza di punti di riferimento legati all'attualità denotano allo stesso tempo un legame del film con il cinema nostrano pre-bellico. Fra gli altri, in scena troviamo Silvana Pampanini, Franco Coop, Enzo Turco, Mario Riva e Carlo Lombardi; i numerosi momenti canori che intervallano la già precaria trama lasciano intuire inoltre una certa costruzione approssimativa del prodotto. 2,5/10.
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