Regia di David F. Sandberg vedi scheda film
Thriller orrifico che si districa lungo il doppio binario di una scrittura attenta delle problematiche psicologiche e quello di un cliché di genere che afferisce alle ancestrali paure della metà oscura che alberga in ciascuno di noi rendendo esplicita una simbologia del disturbo psichico che avrebbe meritato di rimanere ambigua e strisciante.
Alla morte del patrigno in circostanze misteriose, la giovane Rebecca dovrà occuparsi del fratellino Martin, costretto a convivere con una madre da sempre disturbata e spesso intenta a conversare con una misteriosa entità che abita nel buio. Quando la creatura si rivelerà qualcosa di più che la semplice fantasia di una mente malata, la lotta di Rebecca diventerà assai più concreta e pericolosa.
Thriller orrifico che si districa lungo il doppio binario di una scrittura attenta delle problematiche psicologie dei personaggi e quello di un cliché di genere che afferisce alle ancestrali paure della metà oscura e ferina che alberga in ciascuno di noi (Boogeyman). Se il primo aspetto è forse quello che più sorprende in prodotti che puntano alla suspense a buon mercato ed ai sussulti del fantastico, il secondo finisce per rendere esplicita una simbologia del disturbo psichico che avrebbe meritato di rimanere ambigua e strisciante...Almeno fino al minuto 35, quando si abbozza la detecion tra le scartoffie di un caso clinico che avanza una spiegazione realistica e razionale e che dissipa in un sol colpo tutto il potenziale di una suggestiva mitopoiesi cinefila.
Dalle leggende anglosassoni sulle misteriose creature che abitano armadi e stazionano sotto i letti di casette pittoresche degne dei fratelli Grimm (Boogeyman...soprattutto il secondo capitolo, che è anche quello meglio riuscito) alle truculente storie di fantasmi giapponesi riesumati dai tempi del reboot di The Ring (The Grunge?) con la bionda Maria Bello al posto dell'altrettanto slavata Naomi Watts; dal pavor notturno di adolescenti alle prese con le falangi laminate dell'ineffabile pervertito di Nightmare alla nictofobia di un'infanzia tormentata dalle graffianti proiezioni di una indicibile coinquilino segreto, il passo è breve e forse fin troppo facile. Ma tanto basta per convincere James Wan della bontà di un progetto low budget che conta almeno di raddoppiare la quota capitale, contenedo i costi e allungando appena un pò di più la misura del corto da cui è tratto.
L'armamentario è quello solito, fatto da un manipolo di valorosi congiunti più o meno assortiti in lotta contro il fantasma di un passato di malattia ed un presente di sensi di colpa che nè un eccesso di elettroshock nè una decennale terapia di regolatori della serotonina sono riusciti ad estirpare, ed in un certo senso tradendo l'indubbia fascinazione di una figura ancestrale e ferina che ricorderebbe (se solo fosse illuminata a dovere) la rischiosa cattività della femme sauvage di The Woman. Lo schermo di uno smartphone vi salverà, con il buon Brad (prototipo e sostituto autoimposto di una figura paterna assente od immolata ad inizio film) che prende il volo per allontanarsi da una famiglia di matti su cui grava una inestricabile e perniciosa tara soprannaturale e psicocinetica; salvo poi ritornare con la cavalleria pronta all'inevitabile sacrificio. La storia di una proiezione psichica sensibile solo alla banda visibile dello spettro elettromagnetico (gli UV le fanno un baffo) si risolve nel solito plot telefonato da 'delitto, castigo & sensi di colpa' che finisce (letteralmente) per suicidarsi in un precipitoso finale da mediometraggio che neanche un episodio di Twilight o di Alfred Hitchcock presenta. Diana, dea della caccia e della castità, piu che la proiezione di una paura incoscia che emerge dalla notte della ragione, è solo il pretesto per una variante sul tema di cui avremmo potuto benissimo fare a meno.
Please stay by me...Diana!
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