Regia di David F. Sandberg vedi scheda film
Il buio che spaventa di più è quello della regia.
Horror del tutto convenzionale, spacciato come “la nuova frontiera del genere”. Tutte balle. Al posto dell’omino con motosega c’è qui un’ombra che colpisce solo al buio e sembra involontariamente creata dalla mente non tanto a piombo della madre (Maria Bello) della giovane protagonista (Teresa Palmer). Il maggior pregio del film è che dura solo un’ora e un quarto: dobbiamo perciò ringraziare lo sceneggiatore che ci ha risparmiato altre 2-3 scene del tutto simili a quelle già propinateci (del resto, con un’ombra che si aggira sola e solo al buio, che ti vuoi inventare?).
C’è una curiosa correlazione tra i trailer e i rispettivi film: se i primi sono brevi e suggestivi, ma mostrano sempre le stesse cose, potete scommettere che al di là di quelle in sala non avrete altro. Lights Out conferma appieno questa furba strategia di marketing.
Tempo fa ho recensito It Follows, altro thriller-horror costato 1.000 lire: tra questo e Lights Out c’è la stessa differenza che c’è tra un Saturno V e un petardo. Se non avete paura del buio, soldi da buttare o un debito d’onore con Teresa Palmer restate serenamente a casa.
Nota di colore: forse perché non sapevano come allungare il brodo, in alcune scene hanno costretto la protagonista a muoversi al rallentatore il che - se non motivato - è sommamente fastidioso per lo spettatore; ad esempio, quando la tipa entra nella stanza della madre (NON nella tana di orchi famelici) ci mette 23" a girare la maniglia, 4'12" a percorrere 3 metri, 1'09" ad aprire un cassetto. Ciò forse vuole trasmettere tensione, io però mi stavo semplicemente appisolando.
ps: il film contiene diverse citazioni ad altri cult del genere. non le riporto per non offendere questi ultimi.
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