Regia di David Frankel vedi scheda film
Ci troviamo davanti ad uno di quei film massacrati, soprattutto dalla critica. Quel filone di critica alla quale spesso mi accodo pervicacemente.
Be', stavolta gioco contro corrente. Collateral beauty mi è piaciuto assai. Mi ha coinvolto, incartato, “tirato dentro” e mollato, forse, solo alla fine.
Probabilmente reso incapace a sormontarne trucchi e parrucchi, espedienti e messaggistica subliminale, inabile a decifrare i quantitativi abnormi di carne al fuoco esposta, inadeguato a difendermi dalla melassa versata su tutti i meccanismi e le giunture di regia.
Un film che se solo gli tendi una mano ti trascina in un gorgo di buonismo senza uscita.
Ecco. Io sono voluto affondare in questa dimensione. Tassello anche io di un domino gigante, non sono riuscito a - o non ho voluto - sottrarmi, inceppando in qualche modo il perverso meccanismo.
Volendo giocare al gioco dei detrattori, voglio scoprire la bellezza collaterale di un prodotto “furbo”, che picchia di citazionismo esasperato, che mette sul piatto fior di attori, seppur sottoutilizzati, che estremizza i sentimenti umani evidenziando tutte le corde da tirare, dall'elaborazione della perdita, alla scoperta della malattia, alla frantumazione dei rapporti familiari; dalle crisi lavorative, all'esaltazione del prenderla con filosofia, al recitare della nostra vita, fino al vivere recitando, in un metodo Stanislavskij che intreccia palco e marciapiede fino a confondere chi recita e chi, in teoria, è spettatore.
Collateral beauty è una fiaba, non un thriller dall'oliato meccanismo, e se ci sfugge l'assioma, possiamo serenamente seppellire il film in un amen.
Ma anche noi andiamo a caccia di bellezza collaterale, di gentilezza e pacatezza d'animo. Cerchiamo quell'equilibrio che non ci renda sfrontati e pessimisti, che non ci cristallizzi nell'immobilismo, aspiriamo a quella quella serenità che appare, a volte confusa, dietro ogni contrattempo, perché accade sempre qualcosa di nuovo, perché noi siamo i protagonisti, e perché Amore, Tempo e Morte, i co-protagonisti perenni della nostra vita, recitano a braccetto con noi, forniscono la battuta quando la memoria difetta, subentrano in scena quando la noia attanaglia, spengono i riflettori quando siamo stanchi dei fischi di disapprovazione, o capiamo che serve solo un applauso.
Certo è un messaggio antico quello che traspare dallo schermo. Una messinscena calcolata, furbetta quanto basta.
E stavolta mi è bastata.
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