Regia di Aisling Walsh vedi scheda film
Un film sentimentalistico e consolatorio. Piace a chi vuole illudersi che, tutto sommato, in questa brutale umanità ci sia posto anche per l'amore. Purtroppo, si confonde l'eccezione con la regola. La morale della favola è che se riesci a produrre ricchezza in qualche modo alla fine la spunti e gli altri ti accettano e finiscono per volerti bene. Non mi sembra proprio il massimo della bontà e dell'amore. Umiltà significa totale remissività con atteggiamento di immarcescibile mansuetudine: uno stereotipo dell'ideologia martirologica cristiana ad uso di credenti in stato di totale sudditanza psicologica. Sono sempre più critico sui film biografici che pretendono di mostrarci la verità di fatti e persone realmente vissute. Anche questo film non va realmente al fondo delle esperienze rappresentate; non indica quale sia la molla interiore, la risorsa umana, condivisa da tutti gli uomini - ciò che ci fa identificare con la protagonista - che determina lo spirito di riscatto da una vita fatta di continue umiliazioni. Il racconto non ci porta dentro le ragioni profonde ma le mostra in superficie dall'esterno. Esteticamente non vi ho visto nulla di particolare, solo una sequenza convenzionale di inquadrature ad alto tasso di cliché sulla genuinità della vita rurale, accompagnate da un commento musicale che indugia col pietistismo. E' un cliché anche attribuire grandi meriti attoriali a chi interpreta certi personaggi reietti, un po' freak, figli di un dio minore. Siamo condizionati a pensarla così, altrimenti, ci sentiamo cattivi, ci rimorde la coscienza - poiché, in verità, nella vita quotidiana ce ne infischiamo altamente, presi come siamo nei nostri mille impegni. Al massimo, facciamo qualche donazione tramite sms. Però, almeno, al cinema no, dobbiamo dimostrare a noi stessi che qualche sentimento siamo ancora capaci di provarlo. Questo succede perché il mercato vuole che confondiamo la realtà con la finzione; che reagiamo alle immagini nel modo voluto; vuole che le nostre emozioni siano pilotabili. Dobbiamo pensare che Il Gesù di Nazareth di Zeffirelli sia una cronaca fedele di quello che è successo, meglio che il Vangelo.
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