Regia di James B. Harris vedi scheda film
Uno dei film migliori di quel periodo della guerra fredda caratterizzato dalla paura della bomba atomica, che dovrebbe figurare in un'ideale antologia insieme ad A prova di errore (1964) di Lumet e al Dottor Stranamore (1964) di Kubrick - ma su un versante complementare ci metterei anche Va' e uccidi (1962) e Sette giorni a maggio (1964), entrambi di Frankenheimer. Qui, il capitano di un cacciatorpediniere americano (cui saggiamente Washington ha negato la promozione ad ammiraglio), paranoicamente anticomunista, tiene costantemente in tensione l'equipaggio (lo "stato d'allarme" del titolo italiano, che diventa "posti di combattimento" nel doppiaggio), tanto da provocare il casus belli contro un sottomarino sovietico. Notevole la tensione, riuscito lo scavo psicologico in un personaggio interpretato alla perfezione dal maturo Richard Widmark, attore valorizzato meno di quel che avrebbe meritato e che, nella vita, era un sincero liberal, contrariamente a questo suo capitano Finlander. Interessante anche il ruolo dei due intrusi di bordo, il medico (Martin Balsam) ed il giornalista (Sidney Poitier), quasi a significare che di fronte all'arroganza di chi detiene i bottoni della guerra niente possono neanche la scienza e la stampa (lontani i vecchi tempi ottimistici del «è la stampa, bellezza!», ma anche quelli, ancora da venire, dello scandalo Watergate). Il regista James B. Harris, qui al suo esordio nel lungometraggio, non avrebbe più dato esiti tanto felici, in una carriera che lo vedrà realizzare soltanto altri quattro film.
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