Regia di Ferne Pearlstein vedi scheda film
Cosa c’è da ridere nell’Olocausto? Nulla. A meno che non si sia sopravvissuti ai campi di concentramento e si sia vissuta una vita piena e bella, tanto da poter avere l’ultima risata su Hitler e sui nazisti.
Mel Brooks, padre della commedia demenziale americana, 90 anni, ebreo: chi meglio di lui poteva guidare una processione di comici irriverenti e di successo, interpellati in questo documentario sulla questione dell’Olocausto? Brooks appoggia un pettine nero sotto al naso e comincia a urlacchiare una sorta di gramelot simil-tedesco: la risata è garantita. E spiega quanto c’è di liberatorio in questo tipo di atteggiamento, quanto facilmente le paure possano essere sconfitte se le si mette di fronte ai loro limiti, difetti, vezzi; la caricatura è la miglior arma, la più diretta quantomeno, per la smitizzazione del Mostro. E del Novecento, il nazismo con i suoi campi di concentramento e il genocidio di sei milioni di ebrei è stato senza dubbio il Mostro con la maiuscola. Dicono la loro davanti alla macchina da presa di Ferne Pearlstein (anche autore del copione, insieme a Robert Edwards) anche alcuni sopravvissuti ai lager, a testimonianza della veridicità del teorema dell’“ultima risata”: a chi lasciare lo sberleffo conclusivo, ai tedeschi sterminatori o alle loro mancate vittime, che sono riuscite nonostante tutto a costruirsi una vita ‘normale’, negli affetti, negli impegni, nelle soddisfazioni concrete? Fra gli intervistati vale la pena di ricordare inoltre Robert Clary, Carl e Bob Rainer, Gilbert Gottfried, Judy Gold, il regista Larry Charles e lo scrittore Etgar Keret. 6/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta