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King Cobra

Regia di Justin Kelly vedi scheda film

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La recensione su King Cobra

di supadany
5 stelle

Tff 34 – After Hours.

Il microuniverso del porno gay è per Justin Kelly l’occasione ideale per raccontare, sotto mentite spoglie, una storia abbastanza nota, che descrive il sorpasso del denaro e della fama nei confronti del sentimento e di quella gamma di valori che ci rende umani.

A parte l’assenza di un effettivo e costante spessore, King cobra presenta elementi discutibili in quasi tutte le sue componenti.

Stephen (Christian Slater) è un navigato produttore di porno gay che lanciando il giovanissimo Sean Paul Lockhart (Garrett Clayton), in arte Brent Corrigan, conferma di avere fiuto per gli affari.

Intanto, la concorrenza non rimane a guardare; Joe (James Franco) e Harlow (Keegan Allen) vorrebbero assicurarsi le performance di Brent, il quale a sua volta vorrebbe uscire dal controllo asfissiante di Stephen. Pur di avviare questa nuova collaborazione, Joe e Harlow sono disposti ad andare oltre la legge.

 

Christian Slater, Garrett Clayton, Keegan Allen, James Franco

King Cobra (2016): Christian Slater, Garrett Clayton, Keegan Allen, James Franco

 

Vipere e cobra. Due categorie di rettili, simbolicamente adeguate per sintetizzare la velenosità di un ambiente (uno dei tanti), per rappresentare due marchi, i cui modus operandi seguono la collaudata regola del più forte.

Sesso e amore, accompagnano il denaro, il possesso segue il desiderio, la mercificazione è in atto.

Il clima superficiale e edonistico - evocato da colori, spesso saturi, e da musichette di contorno - lascia gradatamente spazio al dramma, con incursioni nel thriller; la trama non ha particolari problemi, ma addentrandosi nei lati umani più oscuri, mostra una descrizione psicologica lacunosa, non sempre sostenuta dalla recitazione: Garrett Clayton sembra il Zac Efron dei poveri, comunque abbastanza affascinante e candido da rendere credibile il personaggio, Keegan Allen sbanda pericolosamente e James Franco è in piena zona overacting; tra tutti, Christian Slater è nettamente il più in forma, abile ad apparire passionale, per non dire maniacale, in amore così come concreto negli affari, mentre Molly Ringwald smuove i ricordi targati anni ’80 e ritrovare Alicia Silverstone nel ruolo di madre ricorda come gli anni passino velocemente (per entrambe, si tratta comunque di apparizioni sporadiche).

Una struttura quindi con una prevalenza delle ombre sulle luci, ma ciò che stride maggiormente risiede in una pudicizia fin troppo castrante per un film addentro l’universo del porno e costellato di perversioni, peraltro nemmeno nella posizione di doversi tutelare nelle immagini per arrivare a incassare, per cui si fatica parecchio a capire il senso di questa posizione.

Alla fine, King cobra ricorda come i patti con il diavolo debbano essere onorati, presenta abbastanza tematiche, ma finisce con l’essere scontato, frettoloso e pressappochista in troppi tratti e connessioni.

Una riproposizione rudimentale che vanifica anche (parte del)le occasioni a portata di mano.   

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