Regia di Carlo Verdone vedi scheda film
Il quarto film di Carlo Verdone fa da spartiacque tra i tre grandi successi della sua carriera e tutto il resto del suo cinema che verrà. Possiede quindi sia l’ilarità e il potere di fascinazione dei primi, che l’essenza e la morale degli altri. Al suo fianco la giovane esordiente Natasha Hovey ma l’unico mattatore finisce per essere sempre e solo lui; già capace di mettersi un po’ in disparte pur di lasciare il giusto spazio alla trama. La colonna sonora, ancora una volta curata dagli Stadio, è la perla dell’intera pellicola, enfatizzata in un finale in cui Carlo dimostra di essere bravo anche a muovere i fianchi. Il messaggio che la trama cela fa pensare: una giovane ragazza costretta ad annullare la semplicità della vita pur di cavalcare l’onda di un successo fugace che, la madre su tutti, cerca di tenere vivo. Più che una denuncia, il film finisce per essere un atto di compassione nei confronti di qui giovani attori, che proprio tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 acquisirono la distruttiva fama. Verdone si fa portavoce, capace di mettere in mostra tutti i lati negativi di un qualcosa che viene decantato come buono quando buono invece non è. Ancora una volta il regista romano riesce a rappresentare una realtà attraverso l’utilizzo della comicità pur senza risultare privo di tatto o considerazione.
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