Regia di Carlo Verdone vedi scheda film
Carlo Verdone. Quando dici il suo nome ti vengono in mente due tipi di cinema. Ti viene in mente il cinema dei grandi bozzetti, direttamente collegato alla tradizione di Alberto Sordi, e dunque i vari sacchi belli, bianchi, grandi, rossi, grossi e verdoni, galli cedroni e così via. E ti viene in mente quel tipo di commedia costruita con arguzia, che rivendica un’autorialità particolare, un po’ come i Nuti e i Troisi degli anni ottanta. Forse proprio per questa duplice personalità artistica che Carlo resiste ancor’oggi. Ha già girato il suo capolavoro, il corale e definitivo Compagni di scuola, tra i più importanti ritratti generazionali che il cinema italiano abbia mai avuto, e ha realizzato film nobilissimi. Acqua e sapone non appartiene né al primo né al secondo Verdone: come Borotalco, la costruzione del personaggio è in funzione di una trama che non è più una antologia di personaggi. Acqua di rose, leggerezza che si confonde con frivolezza, una storiella da racconto primaverile in cui si fondono la popolaresca potenza di una immensa sora Lella con l’algida austerità di donna Florinda Bolkan, il pressoché solito carattere verdoniano di insicuro con la ragazza da copertina Hovey. Un film ibrido, che non fa male a nessuno, ma che nemmeno fa strappare i capelli, una commedia con sprazzi di delicatezza e guizzi simpatici, ma che resta in mezzo al guado. C’è anche Michele Mirabella, in ruolo che gli è congeniale, cordiale e piacevole come sanno essere solo certi professori meridionali.
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