Regia di Orson Welles vedi scheda film
Orson Welles affonda le mani e lo sguardo nella pastosa sostanza del noir: una densa miscela di angoli bui, luci notturne ed arredi rétro, gettata in mezzo ad un'umanità umida di vizi, guai e cattivi pensieri. Questo film è come un bagno nella melma, dove la corruzione abbraccia il rancore, ed il cinismo copre la vigliaccheria. Il corpulento Hank Quinlan è l'informe centroboa in uno stagno profondo e nero come il segreto del passato che vi giace sepolto. Il protagonista è una figura al contempo taurina e maialesca, dal corpo gonfiato e appesantito dagli eccessi negativi; egli non dispone più di forza penetrante, né di armi acuminate, ma è ormai solo in grado di spargere fango e soffocare. Egli esprime il suo dominio in maniera proterva, abbandonandosi alla forza di gravità del suo potere; è un re ormai vecchio e stanco, che siede a mo' di peso morto sul suo trono, sapendo che così nessuno glielo potrà sfilare. Eppure questo film è tutt'altro che inerte; questo noir transfrontaliero, che si sviluppa lungo la striscia di confine tra gli Stati Uniti e il Messico, è una storia di commistione culturale, che ruota freneticamente intorno a un matrimonio misto, una vicenda di immigrati, ed un'indagine internazionale. E intanto butta allegramente all'aria le carte in gioco, come un frullo di vento che solleva i fogli di giornale in una strada abbandonata: non si sa più chi è onesto e chi è criminale, chi è uguale e chi è diverso, chi si ama e chi si odia, chi è fedele e chi tradisce. Alla fine tutti i dubbi rimarranno aperti, nell'ombroso scenario dell'umanità: questa volta l'epilogo della tragedia non contiene una morale, e non fornisce le risposte, perché tutto ciò che si può dire è, semplicemente, "il caso è chiuso".
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