Regia di Orson Welles vedi scheda film
VOTO 10/10 Ultimo film americano di Orson Welles, girato per la Universal e sottoposto come altri dell'autore a tagli e "correzioni" da parte dei produttori, finchè nel 1998 non è uscita una versione restaurata filologicamente sulla base degli appunti del regista, curata dal critico Jonathan Rosenbaum e dal montatore Walter Murch. Il film è grandioso, una di quelle opere per cui i superlativi non sarebbero mai troppi, il capolavoro assoluto dell'autore insieme a Quarto potere e al Falstaff scespiriano (che era il film preferito da lui stesso). Su una trama da film poliziesco di serie B, con personaggi che potrebbero sembrare quasi fumettistici ad un occhio inesperto, è un'ennesima ricognizione sulla corruzione di un mondo che ha perduto ogni punto di riferimento morale, sull'ambiguità e la contraddittorietà delle pulsioni umane (il titolo originale vuol dire "La sete del male"). Ambientato a Los Robles, una città di frontiera tra Messico e Stati Uniti, racconta le diverse fasi di un'inchiesta condotta dal poliziotto Vargas (Charlton Heston) per individuare gli autori di un attentato; l'inchiesta è condotta da Vargas insieme all'ispettore americano Hank Quinlan, convinto che per giungere alla verità si possa ricorrere perfino a mezzi illeciti... La prima scena inizia con un virtuosistico piano sequenza di circa tre minuti in cui vediamo procedere l'automobile dove è appena stata posta una bomba per le vie della città, incrociando i movimenti della coppia di sposini formata da Heston e Janet Leigh; la sequenza combina movimenti di gru con carrellate vertiginose, ed è certamente fra le più spettacolari dell'intero cinema wellesiano. Approfittando della cornice da thriller, Welles intende affrontare argomenti controversi come l'abuso di potere da parte dei poliziotti, il razzismo verso i messicani, il tradimento nell'amicizia e, come in altri casi, la smania di potere. Il barocchismo tipico delle opere wellesiane si ritrova sia nei meandri di una trama piuttosto elaborata e contorta che nelle arditezze della scrittura registica, con un fenomenale lavoro di messa in scena che riscatta completamente certe situazioni convenzionali (il film è tratto da un romanzo mediocre di Whit Masterson). In particolare, l'utilizzo di obiettivi grandangolari accentua l'impressione di un universo in putrefazione popolato di mostri, di esseri ignobili e perversi fra cui troneggia Quinlan, uno "sporco poliziotto" che però ha una sua indubbia dimensione tragica che lo avvicina a certi cattivi delle opere di Shakespeare (e dunque, anche qui la continuità con le altre opere wellesiane è indubbia). Un capolavoro all'insegna della dismisura visionaria e della deformazione impietosa di corpi e paesaggi, a cui contribuisce la fotografia in bianco e nero di Russell Metty e un cast in stato di grazia con ottime interpretazioni di Charlton Heston e Janet Leigh e preziosi camei di Akim Tamiroff, Mercedes Mc Cambridge e soprattutto Marlene Dietrich nella parte della chiromante Tanya. All'epoca della sua uscita, Francois Truffaut scrisse : "Spero che ci resti abbastanza gusto, sensibilità e intuizione per ammettere che questo film è grande e bello. Se altri critici si sforzeranno di cercare delle prove contro questo film, che è una dimostrazione evidente di arte e nient'altro, assisteremo allo spettacolo grottesco di lillipuziani che criticano Gulliver". Sottoscrivo al 100%.
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