Regia di J. Lee Thompson vedi scheda film
Classico nel genere thriller, in cui saranno le musiche di Bernard Herrman, sarà un certo taglio nel racconto, ma vi è recuperabile qualche traccia hitchcockiana, "Il promontorio della paura" fu tanto amato dai cinefili e dal pubblico in generale, che Hollywood lo rifece trent'anni dopo, come è risaputo, con la versione di Scorsese: al di là dell'adeguamento del tasso di violenza più alto dati anche i tempi, la connotazione erotica, maggiormente sfumata qui, nel nuovo "Cape Fear" è più sottolineata,e inoltre cambiano, e non di poco, i rapporti tra i due protagonisti e la personalità degli stessi. Se il Sam Bowden scorsesiano era un avvocato non in pace con la propria coscienza professionale e non, quello dell'originale è un uomo onesto che rischia di farsi prendere dal panico sì, ma giunto alla resa dei conti rinuncia ad una vendetta belluina e si "accontenta" di far vincere la legge;il Max Cady mitchumiano non ha le ossessioni parareligiose di quello di DeNiro, ma ha una carica animalesca maggiore, e porta una violenza più sorda, meno accennata, salvo lasciarla esplodere nel finale, inoltre ha meno "giustificazioni" della nuova versione. Esauriti i confronti, questo rimane un buon thriller, ben raccontato, con una dose di tensione sufficiente a tenere su di giri lo spettatore, ha forse qualche leggera lungaggine appena prima del gran finale, ma è tuttora godibilissimo.Nella sfida tra i due divi protagonisti, bravi entrambi ma Mitchum imprime al suo maniaco persecutore un'autocommiserazione finale che gli fa guadagnare punti e vincere il confronto.
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