Regia di Gordian Maugg vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2016 - SELEZIONE UFFICIALE
Nel giorno dei "biopic", iniziamo alla grande con quello dedicato ad uno dei maestri della storia del cinema, attivo per decenni, dagli albori della nuova arte, sino alla seconda metà del '900.
Le scelte geniali, o comunque molto azzeccate del regista esordiente Gordian Haugg sono almeno due: quella di mantenere per tutto il film un bianco e nero che ricalca le atmosfere del cinema del maestro e dell'epoca dell'avvento del sonoro; ma soprattutto, oltre a questa soluzione di tipo estetico e formale, spicca ancor di più l'intuizione di volerci raccontare in maniera introspettiva le pieghe intime di una personalità controversa e disturbata, nel momento per lui cruciale del passaggio del cinema dal muto al sonoro: un passo che intimoriva il maestro, e che lo ha visto bloccarsi a lungo prima di scegliere il suo prossimo soggetto.
E ancora la genesi di un capolavoro assoluto come M il mostro di Dusseldorf, che ha comportato per lang lunghe ricerche e l'incontro diretto con l'assassino seriale: un confronto che diventa anche una via per un esame di autocoscienza da parte di una personalità ombrosa, controversa, maniacale, e turbata da molte turbe psiocoligico-sessuali: un maniaco mancato insomma.
Il film ha l'onestòà di fornirci un ritratto che non ha nulla di edulcorato, anzi sembra quasi una lucida, a volte crudele demolizione di un mito, per poi riabilitarlo, almeno dal punto di vista artistico, col risultato insuperato della sua prima aopera in sonoro: M appunto, a cui seguirono molti altri capolavori della cinematografia del '900.
Lang si trasforma in un investigatore della deviata psiche del mostro: ma pure lui in fondo è un mostro; pure lui ha subito degli shock nell'infanzia a causa del padre; pure lui, come il maniaco, era attaccatissimo ad una madre-vittima a cui non riuscì nemmeno a dare sepoltura, impegnato come era nella produzione di un film. Pure lui è un marito fedifrago e terribile, freddo e spietato con la devota e rassegnata consorte.
Un biopic sulla ricerca dell'ispirazione perduta, sulla capacità e l'orgoglio di adattarsi ai tempi che cambiano, ma ancor di più un film sulla genesi di un film che ci permette di sondare nell'intimo (e nel buio più cupo) di una personalità complessa, un uomo che si sente pure lui un assassino a causa di un episodio violento accaduto nella Prima Guerra che lo vide togliere la vita a un gruppo di nemici.
Un ritratto tutto ombre, di un genio che è divenuto tale a causa dei traumi subiti: un uomo che riconosce nel maniaco assassino un ritratto speculare della propria figura.
Un grande biopic spurio ed anomalo, caratteristiche queste che più di ogni altra ne decretano la riuscita e l'originalità.
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