Regia di Tonino Cervi vedi scheda film
Più o meno un decennio dopo Il malato immaginario, Tonino Cervi e Alberto Sordi tornano a Moliére, con l’unico motivo di dare all’attore un ruolo importante in una grossa produzione. S’è detto molte volte che il tramonto di Sordi è una delle pagine più tristi del nostro cinema, più che altro per la testarda incapacità di fermarsi di fronte all’impossibilità di rinnovarsi. Giocando sulla storica leggenda della sua tirchiera, mette in scena un Arpagone che è un repertorio di mossette, smorfie, birignai inconciliabili col cinema di fine secolo. E poi tutto il film rappresenta un tentativo di recuperare l’aria di certe opere in costume del dopoguerra contaminate con le fiction-kolossal affermatasi in quel decennio precipuamente. Fiacco a dir poco, privo di una reale ragione d’esistere, infarcito di star in vacanza alimentare (Christopher Lee gigione assoluto), ha al suo attivo soltanto una sfarzosa confezione fine a se stessa (scene di Mario Garbuglia, costumi di Alberto Verso, fotografia di Armando Nannuzzi).
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