Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film
Dolente capolavoro di cinema del Silenzio, che aspira alla Bellezza e alla Poesia ma che, al tempo stesso, ne dichiara la tragica sconfitta di fronte all'odio e al lordume della guerra e della bestialità umana. La fotografia è colma di luce, di primi piani (s)folgoranti (gli occhi magnifici di Nicole Stéphane), e tutta l'atmosfera è costantemente pervasa da un senso di soave rimpianto e di muta, struggente spiritualità. Poco importa che derivi da un testo letterario, che ne riporti interi dialoghi e ne segua fedelmente le coordinate: si tratta comunque di un'opera personalissima, dove il genio di Melville -al suo primissimo disvelarsi- già spalanca orizzonti infiniti, nella sua innata capacità di generare emozioni e indicare il cammino verso la salvezza dell'umanità, attraverso la consapevolezza della "natura divina dell'uomo" insita nell'Arte (come afferma Von Ebrennac disquisendo dei preludi di Bach). Un film che è un tesoro immenso, da (ri)scoprire.
Pare incredibile che sia il suo debutto: il suo genio era già maturo, già pronto a donare a noi preziose emozioni e alla Storia del Cinema immensi capolavori.
Un attore di enorme espressività e finezza, perfetto nella parte dell'ufficiale dalle nobili aspirazioni inorridito dalle tenebre della guerra e dalla strisciante barbarie del Nazismo. Curioso che, negli anni '60-'70, sia finito a recitare nei deliri porno-macabri di Jesus Franco (cinema vitale e memorabile anch'esso, s'intende, ma di ben diversi tenore e atmosfera).
Di lei, in questo film, si rammentano soprattutto gli occhi: grigi, come ci comunica la voce narrante dell'anziano padre (anche se il bianco e nero della pellicola ci impedisce di verificarlo), intensi, abbaglianti ("Quanta luce!", esclama Von Ebrennac parandosi i propri col dorso della mano quando lei, per la prima volta, lo fissa triste in volto), di lacerante e doloroso struggimento. E il suo silenzio, che rivela una sofferenza composta e nobile, inizialmente colma di speranza ma, infine, piegata ad un destino infame e spietato. E infine quell' "Adieu", che scioglie gli occhi in lacrime: i nostri, non i suoi che restano impassibili, spalancati di fronte al buio fitto del Male trionfante.
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